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RIME

     E sì come la palma in vêr l’altura
Si stende, così tu, vie più vezzosa
66Che ’l giovinetto agnel nella pastura,
     E se’ più cara assai e grazïosa
Che le fredde acque ai corpi faticati
69O che le fiamme a’ freddi o ch’altra cosa.
     E i tuoi capei più volte ho simigliati
Di Cerere alle spoglie secche e bionde,
72D’intorno crespi, al tuo capo legati.
     E le tue parti ciascuna risponde
Sì bene al tutto, e il tutto alle tue parti,
75Se non m’inganna quel che si nasconde,
     Che per sommo desìo sempre a mirarti
Di grazia chiederei al sommo Giove
78Di star, sol ch’io non credessi noiarti.
     Dunque, se quella dea ti guida e muove
Di cui tu già cantasti, vieni omai:
81Non è quest’ora a te d’essere altrove.
     Fa’ salve le bellezze che tu hai.
Che dal calor dïurno offese sono
84Ogn’ora più che tu più istarai.
     Vieni, ch’io serbo a te giocondo dono;
Chè io ho colto fiori in abbondanza,
87A gli occhi bei, d’odor soave e buono.
     E, sì come suol esser mia usanza,
Le ciriege ti serbo; e già per poco
90Non si riscaldan per la tua istanza.
     Con queste, bianche e rosse come foco,
Ti serbo gelse mandorle e susine,
93Fragole e bozzacchioni in questo loco,
     Belle peruzze e fichi sanza fine.
E di tortole ho preso una nidata,
96Le più belle del mondo, piccoline,
     Con le quai tu potrai lunga fïata
Prender sollazzo. Et ho due leprettini
99Pur testè tolti alla madre piagata
     Dall’arco mio, e son sì monnosini
Che meritâr perdon veggendoli io.
102Et ho con lor tre cerbi piccolini,


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