Nè san sì forti aguale i ferri aguti
Degli volanti strai, fatti ferventi 27Da’ caldi raggi allor sopravvenuti.
E ciascheduna cosa i blandimenti
Ora dell’ombre cerca. Ma tu sola, 30Lïa, trascorri per l’aure cocenti;
E, trascorrendo, agli occhi miei s’imbola
La vista della tua chiara bellezza, 33Che sol di sè ogn’or più mi dà gola.
Deh! lascia omai degli monti l’altezza;
Non infestar le selve e te con loro; 36Vieni a riposo della tua lassezza.
Discendi a questi campi con quel coro
Piacevole, che teco in compagnìa 39Suol sempre far grazïoso dimoro.
Vedi qui l’acque, vedi qui l’ombrìa
E i campi erbosi senza alcun difetto 42Fuor solamente che tu in essi sia.
Adunque vieni; e l’usato diletto
Prendi come tu suoli, e gli occhi miei 45Lieti rifa’ col tuo giocondo aspetto.
Perdona a’ tuoi affanni; a’ quai vorrei
Più tosto esser compagno che salire 48A far maggiore il numero de’ dèi.
Perdona all’arco e a’ cani che seguire
Più non ti possono, et omai discendi 51A questi prati, o caro mio disire.
Qui dilettevoli ore a trar contendi;
E ’l dilicato corpo all’ombre grate, 54Lieta posando, sopra l’erbe stendi.
Qui, come suoli cantando altre fiate,
Ne vieni omai: perchè dimori tanto 57Di render te all’ombre disïate?
Le tue bellezze degne d’ogni canto
Non posson esser tocche col mio metro 60Non degno a ciò; ma pur dironne alquanto.
Tu se’ lucente e chiara più che ’l vetro,
Et assai dolce più ch’uva matura 63Nel cuor ti sento ov’io sempre t’impetro.