Afflitta sono: ed ora in tua possanza 25Tutto lo mio sperare era converso;
E ’l mostrai per tal verso.
Già son cent’anni e più, com’è palese,
Che a confonder l’impero il Papa intese;
E tu per lui se’ fatto imperadore; 30Ed or col suo favore,
Quando dovevi, vinto il mio paese,
Gir oltramar, di quello fai le spese
C’hai tolto qui e ne porti in Boemme,
E me abbandoni con Gerusalemme. 35 O d’Aquisgrana maladetta paglia!
O di Milano sventurato ferro
E di Roma anche l’oro, il qual te, erro,
Ha come imperadore incoronato!
Chè la tua spada dove dè’ non taglia; 40E ’l tuo parlar può dir — Mai non disserro
Vero; — ma ’l grembo tuo può ben dir — Serro,
E chiudo sanza aprir ciò che m’è dato. —
Ciascun da te ingannato
Si trova, salvo ch’uno il qual mi disse, 45In prima che tu fuor di Praga uscisse
Per venir qua, poi che ti conoscea
— Italia, il tuo Enea
Non fe tanto per te mentre che visse.
Nè Cesar nè Augusto, e chi sconfisse 50Brenno e Annibale e Pirro mise in caccia,
Che questo Carlo più non ti disfaccia. —
O Roma più che mai isconsolata!
O più che maï guasta Siena e Pisa!
O più che mai Toscana in mala guisa! 55O più che mai or serva Lombardia!
O più che mai ancor gente scacciata
Dalla mia terra per parti divisa!
Com’è la tua speranza, omè!, derisa
D’aver al tuo tornar omai più via! 60Chi vorrà più che sia
Venuto dalla Magna alle mie parti,
Veggendo te aver tese tue arti
A tôr danari e gir con essi a casa?