Di’ lor come a figliuoli il mio desìo,
Chè sempre fûr compagni de’ miei nati. 140Non sien pigri nè ingrati
A pormi nel gran seggio ond’io cascai.
Un sol modo ci veggio, e quel dirai;
Che piglino quel buono uom che ’l può fare,
Che mi debbe donare 145Un virtuoso re che ragion tegna
E la ragion dello impero mantegna;
Sicchè, com’è in pensier passi oltremare,
Facendo ognun tremare
Ch’arme pigliasse contro alla sua ’nsegna; 150Perchè a tanto signor par che s’avvegna
La destra fiera e la faccia focosa
Contro a’ nemici, e agli altri grazïosa.
O figliuol mio, da quanta crudel guerra
Tutti insieme verremo a dolce pace, 155Se Italia soggiace
A un solo re che al mio voler consenta!
Poi quando Iddio ce lo torrà di terra,
Gli altri non sien chiamati a ben ti piace;
Ma, come ogni re face, 160Succederà il figliuolo o il più parente.
Di che seguiterà immantinente
Che ciascun rio pensier di tirannìa
Al tutto ispento fia
Per la successïon perpetuale. 165E quando il suo vessillo imperïale
Menerà il padre santo a casa mia,
Vedrai di mercanzìa
Tutto adornato il paese reale.
Or vedi la grandezza dove sale 170Questa ch’è donna delle altre province,
Se ’l suo peccato stesso non la vince. —
Canzon mia, cerca l’italo giardino
Chiuso da’ monti e dal suo proprio mare;
E più là non passare, 175Chè più non disse chi mi diè la ’mposta.
E guarda ad ora ad or da costa a costa
Gli atti che vedi a chi t’ascolta fare;