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FAZIO DEGLI UBERTI

Volgo alla lupa1 vana i tristi versi,
Che spera in Talamone e nella Diana;
245Lascerà l’altrui tana,
E nella sua sarà poco sicura;
Arroterà la scura,
Che taglierà da piede ’l suo riposo.
Io pur noto e pur chioso.
250La pulce2 to’ riposo
A chi dorme e a chi vegghia,
Per molte torte c’ha nell’altrui tegghia.
Vedrai menare stregghia
Al cavallo sfrenato3
255Più anni ammantellato;
Ma e’ fia liberato
E poi inceppato — dalla mala petra:
La mala petra scende la Scatorbia.4
Quadrella senza gorbia
260Veggio piover per turma:
Veggio per porta eburna
Entrar i novi gotti,
Ch’oggi son pegolotti.
E le ciance co’ motti
265Saranno del grifon5 mortal tormento,
S’avuto n’ha il talento;
E per suo amor vorrebbe Ercol e Cacco;
Ben ne fia rotto e fiacco.
     Or vedrai novo macco
270Nella Marca Ducato e Patrimonio:
Dice ciascun che sa più del dimonio;
Ma e’ fian messi al conio,
E merti giusti avran di lor dispetti.
Lasso! il sasso dell’oca6 ne’ miei detti
275E la vita de’ vecchi7 e suoi gentili,

  1. Lupa: ciò è Siena.
  2. La pulce: ciò è Montepulciano.
  3. Cavallo sfrenato: ciò è Arezzo.
  4. Scatorbia: una fiumana.
  5. Grifone: ciò è Grosseto.
  6. Sasso dell’oca: ciò è Orvieto.
  7. Vita de’ vecchi: ciò è Viterbo.

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