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FAZIO DEGLI UBERTI

XIV


     Ira son io sanza ragiona e regola,
Subita, furibonda, con discordia;
Pace nè amore con misericordia
4Trovar non può chi con meco s’impegola.
     Tutta mi struggo e rodo come pegola;
Minaccie e grida sempre con discordia
Dov’io albergo; non trova concordia
8Figliol con padre quando sono in fregola.
     Tosto com’ foco ogn’or più sento accendere
Entro all’animo mïo, ciò lo torbida,
11Dove non pote mai il ver comprendere.
     Paura nè lusinghe me rimorbida;
Dispregio Dio, fè, battesmo e cresima;
14Uccido altrui e quando me medesima.




XV


     Ed io Accidia so’, tanto da nulla
Che gramo fo di chiunque m’adocchia;
E per tristezza abbascio le ginocchia,
4E ’l mento su per esse si trastulla.
     Io so’ cotal qual m’era nella culla;
Non ho più piedi nè mani nè occhia;
Gracido e muso come la ranocchia,
8Discinta e scalza, ed ho la carne brulla.
     A me non vale esempio di formica;
Deh odi s’io son pigra, che gustando
11E il mover della bocca m’è fatica!
     In somma, quando vengo ben pensando,
Dico fra’ miei pensier tristi ed infermi:
14— Io venni al mondo sol per darme a’ vermi. —


(Ricavati tutti sette da’ Poeti antichi dell’Allacci; Napoli, 1661; e riveduti sopra altri testi.)



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