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FAZIO DEGLI UBERTI

E farà sempre; fin che ’l dolce sguardo
60Non la risanerà d’un altro dardo.
     Donne, donzelle e giovinette accorte
Rallegrando si vanno alle gran feste,
D’amor sì punte e deste
Che par ciascuna che d’amor s’appaghi;
65Et altre in gonnellette a punte corte
Giuocano all’ombra delle gran foreste,
Tanto leggiadre e preste
Qual soglion ninfe stare appresso i laghi;
E giovanetti vaghi
70Veggio seguire e donnear con loro,
E talora danzare a mano a mano.
Et io, lasso!, lontano
Da quella che parrebbe un sol tra loro,
Lei rimembrando tale allor divegno,
75Che pianger fo qual vede il mio contegno.
     Canzone, assai dimostri apertamente
Come natura in questa primavera
Ogni animale e pianta fa gioire,
E ch’io son sol colui che la mia mente
80Porto vestita d’una veste nera
In segno di dolor e di martìre;
Poi conchiudi nel dire,
Che allor termineran queste mie pene
Che a occhio a occhio rivedrò il bel volto.
85Ma vanne omai! ch’io ti conforto bene,
Che a ciò non starò molto,
Se gran prigione o morte non mi tiene.


(Dalla Raccolta di rime antiche di diversi toscani, ecc., del Corbinelli; la lezione fu riscontrata e migliorata su ’l testo che ne dà il Trucchi (Serventese nazionale, ecc.) e su’ codd. ricc.)





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