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SENNUCCIO DEL BENE

Quinci mi scuso ch’io non ho potere,
S’io pur volessi, tôrmiti da dosso:
40Ma io sarei ben grosso
S’io volessi poter non esser tuo,
Considerando lei e il piacer suo.
     Ella è grande gentile e bianca e bella,
Io per contrario piccol basso e nero:
45Che fia, quando sarà ch’io l’ami certa?
Sarà sdegnosa o non curante e fella;
Et io pur fermo fedel puro e vero,
A porta di soffrenza sempre aperta.
Chè pur, quando che sia, ella sia sperta
50Di mio corale amore e fede pura;
E’ non mi si potrìa tôr la speranza
Che a qualche tempo io non trovi pietanza:
Chè non persevra nobil creatura
Di star più ferma e dura,
55Quando conosce in buon fedele amante
Perfetto amore e ben perseverante.
     Sia che si vuol, pur qui condotto sono
Ad amar donna di sì somma altezza,
Ch’io a rispetto suo son men che niente.
60Ma pur sovente ch’io meco ragiono,
Non mi dispero della mia vaghezza;
Considerando te, signor possente,
Che, com’a lei disposto m’hai la mente.
Così la sua a me potrai disporre;
65Chè possibile t’è ciò che ti piace.
Tu sol conforto sei della mia pace;
Tu sei signor che il dato non vuoi tôrre
A chi per tua via corre
Disposto a bene amare e chi si sprona;
70Tu quel che a nullo amato amar perdona.
     Canzon mia, adornata d’umiltate
Gir ti convien con buona sofferenza
Dinanzi al chiaro sol degli occhi miei:
Quando sarai con lei,
75Dirai — Madonna, l’umil servo vostro
Èvvi più servo assai ch’io non vi mostro. —




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