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GIOSUE CARDUCCI

cesco d’Accursio; e vi ebbe circa il 1304 col grado di baccelliere licenza alla giudicatura. Di fatti era assessore delle cause civili in Pistoia nel 1307; quando i Neri di Firenze e di Lucca, avuta dopo lungo e crudelissimo assedio la città, le imposero condizioni iniquissime; questa fra l’altre, che de’ rientrati Neri, i quali fosser debitori d’alcuno de’ Bianchi, niuno potesse esser costretto al pagamento se non dopo tre anni dal dì del ritorno. Dovea essere, fra tanta prepotenza di vittoria e infuriare d’odii e cupidigie parziali, un tristo seder giudice di cause civili: e Cino, che per di più era di parte bianca, come Dante, il Cavalcanti, il cronista Giachetto Malespini, il padre del Petrarca e la maggior parte degli scrittori e giureconsulti toscani d’allora, partì di Pistoia; o il facesse di sua volontà, o bandito dalla fazione vittoriosa; chè ragioni per l'una e l’altra credenza possono cavarsi dalle rime, e la storia tace. «Ed avvenne, — leggesi in un codice vaticano che contiene rime di antichi poeti e fu del Bembo,1 — che fuggendo, giunto al passo di un fiume pericoloso, messer Cino fu conosciuto da un villano, il quale non lo volle passar all’altra riva, se prima non gli dava un consiglio.» Tradizione postuma, ma che mostra quanta fosse la opinion popolare della sapienza di Cino. Riparò da prima su l’Appennino, a Piteccio; ove Filippo Vergiolesi, de’ grandi della città e capo de’ Bianchi, raccolte le reliquie della sua parte, durò ben tre anni contro Fiorentini e Lucchesi e i Neri di Pistoia, tenendo a sua legge tutta la montagna fino alla Sambuca su ’l confine lombardo. Nè dell’ospitare il poeta avea Filippo a temere pel buon nome della figliuola sua madonna Selvaggia, amata in rima secondo la cavalleria poetica del tempo da messer Cino. Era questi omai su la quarantina; e avea già avuto dalla Margherita degli Ughi sua legittima moglie un maschio e quattro femmine. Così la Beatrice Portinari andò moglie a un de’ Bardi, senza che ne pure un dubbio nascesse all’onor di lei dall’amore di Dante, senza che l’autore della Vita nuova mostri pur di dolerse-

  1. Citato da F. Trucchi nelle notizie di M. Cino in Poesie italiane inedite (Prato, Guasti, 1846), vol. I.

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