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rime


CVI

IN MORTE DI ARRIGO VII IMPERATORE


     Da poi che la natura ha fine ’mposto
Al viver di colui, in cui virtute
Com’in suo proprio loco dimorava,
Io prego lei che ’l mio finir sia tosto,
Poi che vedovo son d’ogni salute:5
Che morto è quel per cui allegro andava,
E la cui fama ’l mondo alluminava,
In ogni parte, del suo dolce lome.
Rïaverassi mai? non veggio come.
     In uno è morto il senno e la prodezza,10
Giustizia tutta e temperanza intera.
Ma non è morto: lasso!, che ho io detto?
Anzi vive beato in gran dolcezza,
E la sua fama al mondo è viva e vera,
E ’l nome suo regnerà ’n saggio petto;15
Che vi nutricherà lo gran diletto
Della sua chiara e buona nominanza,
Sì ch’ogni età n’avrà testimonianza.
     Ma quei son morti, i quai vivono ancora,
Che avean tutta lor fede in lui fermata20
Con ogni amor sì come in cosa degna;
E malvagia fortuna in subit’ora
Ogni allegrezza nel cor ci ha tagliata:
Però ciascun come smarrito regna.
O somma maestà giusta e benegna,25
Poi che ti fu ’n piacer tôrci costui,
Danne qualche conforto per altrui.
     — Chi è questo somm’uom, potresti dire
O tu che leggi, il qual tu ne racconte
Che la natura ha tolto al breve mondo,30
E l’ha mandato in quel senza finire
Là dove l’allegrezza ha largo fonte? —
Arrigo è imperador, che del profondo
E vile esser qua giù su nel giocondo
L’ha Dio chiamato, perchè ’l vide degno35


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