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RIME

La morte, che due fonti
Fatto ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
     Ohïmè, Morte! sin che non ti scolpa,40
Dimmi almen per li tristi occhi miei:
Se tua man non mi spolpa,
Finir non deggio di chiamar omei?

(Corretta su l’edizion giuntina e su la lezione datane dal Fraticelli nelle Rime apocrife di Dante, ed. cit.)



CIII

A DANTE ALIGHIERI


     Dante, io ho preso l’abito di doglia,
E innanzi altrui di lagrimar non curo;
Chè ’l vel tinto ch’io vidi e ’l drappo scuro
D’ogni allegrezza e d’ogni ben mi spoglia;
     Et il cor m’arde in desïosa voglia5
Di pur doler mentre che ’n vita duro;
Tal ch’Amor non può rendermi sicuro,
Ch’ogni dolor in me più non s’accoglia.
     Dolente vo pascendo i miei sospiri,
Quanto posso inforzando 'l mio lamento10
Per quella in cui son morti i miei desiri.
     E però se tu sai nuovo tormento,
Mandalo al desïoso de’ martìri,
Che fìe albergato di coral talento.




CIV

AL MEDESIMO


     Signor, e’ non passò mai peregrino
O ver d’altra maniera viandante
Con gli occhi sì dolenti per cammino
Nè così greve di pene cotante;


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