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CINO DA PISTOIA

Come scimia senza lingua vi stanno,20
Che non distinguon pregio o bene alcuno.
Riguarda ciascheduno,
Tutti a un par li vedi
De’ loro antichi vizi fatti eredi.
     O gente senz’alcuna cortesìa,25
La cui invidia punge
L’altrui valore e d’ogni ben s’oblìa,
O vil malizia, a te però sta lunge
Di bella leggiadrìa
La penna ch’or Amor meco disgiunge.30
O suolo, suolo, vôto di virtute,
Perchè trasformi e mute
La gentil tua natura,
Già bella e pura, del gran sangue altero?
Ti converrìa un Nero35
O Totila flagello,
Da poi ch’è in te costume rio e fello.
     Vera satira mia, va’ per lo mondo,
E di Napoli conta
Ch’ei ritien quel che ’l mar non vuole al fondo.40




XCIX


     Ciò ch’io veggo di qua m’è mortal duolo,
Poichè io son lunge in fra selvaggia gente;
La quale io fuggo, e sto celatamente,
Perchè mi trovi Amor col pensier solo;
     Chè allor passo li monti e ratto volo5
Al loco ove ritrova il cor la mente;
Imaginando intelligibilmente,
Mi conforta un pensier, che tesse un volo.
     Così non morragg’io, se fia tostano
Lo mio redire a far sì ched io miri10
La bella gioia da cui son lontano:
     Quella, ch’io chiamo, lasso!, coi sospiri,
Perch’odito non sia da cor villano
D’Amor nemico e degli suoi desiri.




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