Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/113


RIME

LXXXII


     La dolce vista e ’l bel guardo soave
De’ più begli occhi che si vider mai,
Ch’i’ ho perduto, mi fa parer grave
La vita sì ch’io vo traendo guai;
E ’n vece di pensier leggiadri e gai5
Ch’aver solea d’amore,
Porto desii nel core
Che nati son di morte,
Per la partita che mi duol sì forte.
     Oimè! deh perchè, Amor, al primo passo10
Non mi feristi sì ch’io fussi morto?
Perchè non dipartisti da me, lasso!,
Lo spirito angoscioso ched io porto?
Amor, al mio dolor non è conforto:
Anzi, quanto più guardo.15
Al sospirar più ardo;
Trovandomi partuto
Da quei begli occhi ov’io t’ho già veduto.
     Io t’ho veduto in quei begli occhi, Amore,
Tal che la rimembranza me n’occide20
E fa sì grande schiera di dolore
Dentro alla mente, che l’anima stride
Sol perchè morte mai non la divide
Da me; come diviso
Mi trovo dal bel viso25
E d’ogni stato allegro,
Pel gran contrario ch’è tra ’l bianco e ’l negro.
     Quando per gentil atto di salute
Vêr bella donna levo gli occhi alquanto,
Sì tutta si disvìa la mia virtute.30
Che dentro ritener non posso ’l pianto,
Membrando di madonna, a cui son tanto
Lontan di veder lei.
O dolenti occhi miei,
Non morite di doglia?35
Sì per vostro voler, pur che Amor voglia.


— 107 —