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CINO DA PISTOIA



LXXVI


     Deh, com’sarebbe dolce compagnìa
Se questa donna ed Amor e Pietate
Fossero ’nsieme in perfetta amistate
Secondo la vertù e onor disìa;
     E l’un dell’altro avesse signorìa,5
E ’n sua natura ciascun libertate,
Perchè ’l core alla vista d’umiltate
Simile fosse sol per cortesìa;
     Et io vedessi ciò, sì che novella
Ne portassi gioiosa all’alma trista!10
Voi odireste lei nel cor cantare,
     Spogliata del dolor che la conquista;
Ch’ascoltando un pensier che ne favella,
Sospirando s’è ito in lei a posare.




LXXVII


     Quando potrò io dir — Dolce mio Dio,
Per la tua gran virtute
Or m’hai tu posto d’ogni guerra in pace.
Lasso!, che gli occhi miei, com’io disìo,
Vegghin quella salute5
Che dopo affanno riposar ne face! —
Quando potrò io dir — Signor verace,
Or m’hai tu tratto d’ogni scuritate;
Or liberato son d’ogni martìro;
Però ch’io veggio e miro10
Quella ch’è dea d’ogni gentil beltate,
E m’empie tutto di suavitate. —
     Increscati oggi mai, signor possente
Che l’alto ciel distringi.
Della battaglia de’ sospir ch’io porto,15
E della guerra mia dentro la mente
Là ove tu dipingi


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