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RIME



LXVIII


     Amor, la doglia mia non ha conforto,
Perch’è fuor di misura:
Così la mia ventura,
Quando m’innamorò, m’avesse morto!
     5S’ella m’avesse, quando io dico, ucciso,
Non era il mio morire
Grave più che si porti il corso umano:
Ma or, s’io moro, perderò il bel viso;
Dal qual tanto distrano
10In verità mi sarà ’l dispartire,
Che, s’io potessi propriamente dire,
Non credo fusse core
Sotto tua legge, Amore,
Che non pigliasse martìro e sconforto.




LXIX


     La grave udienza degli orecchi miei
M’have sì piena di dolor la mente,
Che ’l mio cor, lasso!, doglioso si sente
Involto di pensier crudeli e rei;
     5Però che mi fu detto da colei,
Per cui speravo viver dolcemente,
Cose che sì m’angoscian duramente,
Che per men pena la morte vorrei;
     E sarebbemi assai meno angosciosa
10La morte della vita ch’io attendo,
Poiché l’è piena di tanta tristizia;
     Chè là ond’io credevo aver letizia
Pena dato m’è or sì dolorosa,
Che mi distrugge e consuma languendo.




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