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CINO DA PISTOIA



LXII


     L’anima mia vilmente è sbigottita
Della battaglia che la sente al core.
Che, se pur s’avvicina un poco Amore
Più presto a lei che non soglia, ella more:
     5Sta come quei dhe non ha più valore,
Ch’è per temenza dal mio cor partita;
E chi vedesse com’ella n’è gita,
Dirìa per certo — Questi non ha vita. —
     Per gli occhi venne la battaglia pria,
10Che roppe ogni valore immantenente.
Sì che del colpo fìer strutta è la mente.
     Qualunque è quel che più allegrezza sente,
S’ei vedesse il mio spirito gir via,
Sì grande è la pietà, che piangerìa.




LXIII


     Ogni allegro pensier ch’alberga meco,
Sì come peregrin, giunge e va via;
E sei ragiona della vita mia,
Intendol sì com’fa ’l Tedesco il Greco.
     5Amor, così son costumato teco.
Che l’allegrezza non so che si sia;
E se mi mandi a lei per altra via,
Più dolor sempre al cor dolente reco;
     Et honne dentro a lui soverchio tanto,
5Che tutto quanto per le membra corre
E si disvia in me per ogni canto.
     Ahi doloroso me! chi mi soccorre?
Ben veggio mi convien morir del pianto,
Che non si può per nulla cosa tôrre.




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