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PREFAZIONE
Nel presentare ch’io fo tradotta quest’opera, non dubito si manifesti di per se l’opinione, che porto fermissima intorno la sua originale eccellenza, di cui non mi verrebbero meno le testimonianze ove mi prendesse vaghezza di tutte insieme raccoglierle. Tuttavolta, perchè ognuno formar se ne possa un giusto concetto, osserverò con quanta verità lo Scaligero nel sesto della sua Poetica, del Sannazaro abbia detto: In carmine pastorali solus legi dignus omnium, qui post Virgilium scripsere; sendochè e l’egloghe pescatorie non sono di così nuovo ritrovamento, che non abbiano tutta la rassomiglianza con le pastorali: e d’altronde il suo poema del Parto della Vergine, dopo la comparsa della Sifilide, non potè più gloriarsi di maestà virgiliana tutta sua propria, uno dei pochi pregj, che si ritrovino in quel non divino poema; ond’è, che l’opera latina, cui sta meglio raccomandata la fama dell’immortale Sincero, sono appunto quest’egloghe, ammirando le quali cantò l’Ariosto:
„Jacopo Sannazar, che alle Camene
Lasciar fa i boschi, ed abitar le arene.”