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libro primo 89


Carataca ripigliò a dire: Tutto questo, o sciocco, è stato fatto da te perchè non potevi sopportare che a Sangivaca fosse stato dato da Pingalaca il suo favore. Oh! quanto a proposito questo si suol dire:


Sempre e sempre qui si biasima
Dal plebeo chi nacque nobile,
E si lacera dal povero
Chi la sorte ha favorevole;
Dall’avaro quel ch’è prodigo,
Dal birbante i galantuomini,
E chi è ricco tocca il biasimo
Da chi spiccioli non ha.


L’uom che per bruttezza è orribile,
Biasma quei che han viso amabile,
E chi è discolo vitupera
Tal cui legge è norma e regola;
Sempre intanto da chi è stolido
Si vitupera e si biasima
Chi è più saggio e chi più sa.


E poi:


Non vedon di buon occhio
Gli stolti i sapïenti,
Odiano i poverelli
I ricchi possidenti,


I discoli hanno in uggia
Chi penitenza fa,
Dell’altre l’onestà.


E tu, o baggiano, hai guastato ciò che molto bene era stato ordinato. Intanto, è stato detto:


A uno stolido amico è preferibile
Un nemico avveduto, accorto ed abile.

Un prence intanto dalla scimia uccidasi.
Con l’aita d’un ladro i preti salvatisi. —


Damanaca disse: Come ciò? — E l’altro disse1:

Racconto. — Un re aveva sempre con sè una scimia per la molta fedeltà addetta al servizio della sua persona, non essendole nemmeno impedito di potere entrare nel gineceo di lui, tanto era venuta nella sua fiducia. Un giorno, essendo il re entrato nel sonno, mentre la scimia agitando il ventaglio gli faceva vento, una mosca venne a posarsi sul petto di lui, la quale, benchè scacciata più e più volte col ventaglio, sempre e sempre vi ritornava. La sciocca scimia allora, impetuosa per natura, montata in ira, afferrò una spada acuta e con quella le menò un gran colpo. Ma la mosca volò via e il re, aperto il petto da quella spada di taglio acuto, morì. Perciò, da quel principe che vuol avere vita lunga, non si deve mai tenere un servo che sia balordo. Intanto, in una città dimorava un Bramino molto sapiente, il quale, in una vita precedente2, era stato ladro. Costui, avendo veduto quattro preti che erano venuti da un altro paese a quella città e vi avevano venduto molte loro derrate, cominciò a pensare: Oh! con qual arte mai potrei io pigliarmi quel loro denaro? — Mentre egli così pensava, recitando in loro presenza alcuni detti piacevoli, di soave pronuncia, molto gradevoli, trovati già in libri dottrinali, ispirò fiducia di sé nella loro

  1. La novella che segue non è nel testo del Kosegarten. Ha un fare differente dalle altre, e forse è spuria. Io l’ho tradotta, trovandola nel testo di Calcutta.
  2. Secondo la dottrina indiana della Metempsicosi.