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86 novelle indiane di visnusarma

sami con materie atte ad alimentare il fuoco, vi appiccò la fiamma. Divampando il fuoco, ecco balzar fuori dalla cavità dell’albero, col corpo mezzo abbruciato, con gli occhi strabuzzati, cacciando dolorosi lamenti, il padre del Matto. Tutti allora l’interrogarono: Oh! che è questo? — Così dimandato, egli, come ebbe loro raccontato ciò che il Matto aveva fatto, mori, e i giudici, fatto impiccare il Matto ad un ramo dell’albero di sami, lodando molto il Savio, gli dissero: Oh! quanto giustamente si suol dire:


Pensi a ciò che gli giova il sapïente
E pensi ancora a ciò che danno apporta,

Sotto gli occhi all’airone imprevidente
Dalla faina fu sua stirpe morta. —


Il Savio disse: Come ciò? — E quelli dissero:

Racconto. — C’era una volta in una selva un albero di fico abitato da molti aironi, in una cavità del quale abitava un nero serpente che si manteneva col divorare i piccini dell’airone ancora implumi. L’airone, vedendosi divorare i suoi piccini, disperato di aver discendenza, venne alla sponda d’uno stagno e là si stette con gli occhi pieni di lagrime e col capo chinato in giù. Allora, un granchio, vedutolo in quell’atteggiamento, gli disse: Babbo, perchè piangi tu? — E l’airone disse: Che ho da fare, caro mio? Io sono uno sventurato. I miei piccini e tutta la mia famiglia mi son divorati da un serpe che abita nella cavità di un fico, e io qui sto piangendo, addolorato di questa mia sventura. Dimmi ora tu se c’è qualche rimedio per impedir tutto cotesto. — Il granchio, quand’ebbe inteso, pensò: Costui è nemico nato di tutti noi e però gli darò io tal consiglio che sia vero e falso nello stesso tempo, onde poi anche tutti gli altri aironi vadano in malora. Perchè è stato detto:


Con parola di latte recente,
Con un cor che pietade non sente,


Un nemico si atterra, e con lui
Vanno a morte i satelliti sui. —


E disse poi: Babbo, se così è, tu fa di spargere alcuni pezzetti di carne di pesci dalla porta della tana della faina fino al buco dove sta il serpe. La faina, andando dietro a quella traccia, ammazzerà quello scellerato. — Fatto ciò, la faina, andando dietro a quei pezzetti di carne di pesce, quand’ebbe ammazzato il serpente nero, a tutto suo agio si mangiò anche tutti gli aironi che erano sull’albero. Perciò noi diciamo:


Pensi a ciò che gli giova il sapïente
E pensi ancora a ciò che danno apporta,

Sotto gli occhi all’airone imprevidente
Dalla faina fu sua stirpe morta. —


Così dal Matto si era pensato a ciò che giova, non a ciò che fa danno, ed egli n’ebbe il frutto. Perciò io dico:


Un savio per dottrina e un mentecatto!
Ecco due che da me son conosciuti.

Fe’ il poco senno che nel fumo il padre
Dal proprio figlio a soffocar fu tratto.


Così da te, o sciocco, si pensò a ciò che giova, non a ciò che fa danno; però non sei un galantuomo, ma soltanto ti sei comportato qui da malvagio. Tale mi ti sei fatto conoscere dall’aver messo in pericolo la vita