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76 novelle indiane di visnusarma

E poi, Sangivaca, come sarà stato ucciso, potrà essere mangiato da noi. Intanto, prima cosa sarà questa, l’esserci sbarazzati di un nemico; poi, riavremo l’ufficio e avremo di che sfamarci. Essendoci dinanzi questi tre guadagni, a che mi vai biasimando come se fossi uno stolido! Intanto, è stato detto:


Per propria utilità, per far dispetto
Al suo nemico, se, come ne’ boschi

Fe’ Ciaturaca un dì, non mangia il savio,
Egli ha perduto il ben dell’intelletto.


Carataca disse: Come ciò? — E l’altro disse:

Racconto. — C’era una volta in una selva un leone di nome Vagiradanstra. Abitavano con lui in quella medesima selva, essendo suoi servitori che andavano sempre con lui, uno sciacallo e un lupo, uno di nome Ciaturaca, l’altro Craviamuca. Un giorno, in un recesso della selva, il leone uccise una cammella che, vicina al parto, appunto per la doglia del partorire, là si era accovacciata, dilungatasi dalla sua carovana. Così avendola uccisa, nel momento ch’egli ne apriva il ventre, ecco uscirne vivo e baldo un piccolo cammello. Il leone, che ornai s’era saziato con le carni della cantinella, menato a casa con amore quel piccolo cammello derelitto, gli disse: O caro, tu non hai da temere nè da me nè da alcun altro; perciò vanne tu ora a diporto, come più ti piace, per questa selva insieme a Ciaturaca e a Craviamuca. Intanto, poichè tu hai gli orecchi simili a pali aguzzi, il nome tuo sarà l’Orecchiaguzzi. — Dopo cotesto, tutti e quattro, abitando in un solo luogo, godendosi a vicenda e in maniere diverse della felicità dello stare insieme, là si restarono, intanto che l’Orecchiaguzzi, giunto all’età giovanile, non abbandonava mai il leone. Ma poi, un giorno, Vagiradanstra ebbe battaglia con un furioso elefante, dal quale egli, nell’impeto del furore, fu ferito di tal maniera per tutto il corpo con colpi di zanne, che, soltanto per voler del destino, non ne restò ucciso. Allora, perchè, rotto il corpo da quei colpi, non poteva muoversi, tormentato nella strozza dalla fame, così parlò a que’ suoi servitori: Cerchisi alcun animale, col quale io, come l’abbia ucciso benchè in questo stato, possa scacciar la mia e la vostra fame. — Inteso ciò, tutti e tre andarono qua e là per la selva fino all’ora del tramonto, ma non incontrarono alcun animale. Ciaturaca allora pensò: Se quest’Orecchiaguzzi si ammazzasse, noi tutti potremmo satollarci per alcuni giorni. Ma nostro signore, e per l’amicizia e per avere egli ricorso alla sua protezione, non l’ammazzerà. Io però con tale accortezza ammonirò nostro signore ch’io farò in modo ch’egli l’ucciderà. Perchè è stato detto:

Nulla è quaggiù che de’ savi la mente
Far non possa, o disfare, o conseguire;
Ciascun però l’adopri acconciamente. —


Così avendo pensato, disse all’Orecchiaguzzi: O l’Orecchiaguzzi, poichè nostro signore, privo del necessario, è crucciato dalla fame, egli e noi tutti indubbiamente dovrem morire. Ma io voglio dire una parola in van-