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72 | novelle indiane di visnusarma |
E ancora:
Che il buono stato e la famiglia, ancora
Dell’oppressor la vita ha consumato.
Rendono al tempo debito
I frutti lor con cura custodite,
Così lor frutti rendono
Le genti ben guardate e ben nutrite.
L’aquila Garuda allora, avendo udito tutto ciò, afflitta per la sventura del picchio e presa dall’ira, pensò: Oh! questi uccelli hanno detto il vero! Perciò noi oggi andremo e farem seccare il mare. — Intanto ch’essa così pensava, sopraggiunse un messo di Vistiti e disse: O divino augello, io son stato mandato presso di te dal beato Narayana1, il quale, per faccende degli Dei, devo oggi andare alla città di Amaravati2. Però tu vieni tosto. — L’aquila Garuda, come ebbe inteso, rispose al messo con alterigia: O messaggiero, e che vuol farsi il beato Vistiti d’un miserabile servo come me? Ma tu ritorna e digli che si procacci in luogo mio un altro servitore per trasportarlo. Fàgli intanto il mio saluto. Perchè è stato detto:
Non serve il sapiente a quei che ignora Le sue virtù, nè frutto alcun produceSterile campo, bene arato ancora. — |
Il messaggiero disse: O Garuda, nulla di simile è mai stato detto da te contro il beato Visnù! Però dimmi quale ingiuria egli l’ha fatto. — Garuda disse: Il mare per la protezione che ha del beato Visnù, ha portato via le ova del nostro servitore il picchio. Perciò, se egli non punisce il mare, io non sarò mai più il suo servitore. Tale è il mio divisamento, e tu devi