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libro primo 53

E poi:


Se il lavoro piacere e diletto
Alla lingua non desse quaggiù,


Ad altrui niun sarebbe soggetto,
Servo alcun non vedrebbesi più.


Ancora:


Se qualcuno il falso ciancia,
Se altri piaggia chi n’è indegno,


Se alcun migra in altro regno,
Tutto è per amor di pancia.


Io adunque, venuto in tua casa, tormentato dalla fame, devo chiedere a te il mio mangiare, nè si conviene che tu solo ti sostenti col sangue di cotesto re. — Ciò udendo, il Cammina-lento rispose: O cimice, io vo succiando il sangue del re, ma quand’egli è entrato nel sonno. Tu invece hai nome l’Infuocato e sei impaziente. Se però vorrai gustar con me del sangue del re, fermati qui e succhiane quanto vuoi. — L’altro disse: O caro, così farò. Mi prenda la maledizione degli Dei e del mio maestro se io succhierò di quel sangue prima che tu ne abbi assaggiato. — Mentre essi così parlavano fra loro, il re, venuto al suo letto, si pose giù per dormire. Allora il cimice, per l’impazienza eccitata dalla voglia della lingua, lo morsicò che ancora era desto. Ora, si dice a proposito:


Non può cangiarsi per insegnamenti
La sua propria natura, e fredda torna

Acqua, anche ben scaldata, immantinenti.

Anche se il fuoco
Si raffreddasse


E se la luna
In fiamme andasse,
Dell’uom non mai
L’indole propria
Cangiar potrai.


Ma il re, come se fosse stato tocco da una punta d’ago, lasciando il letto, balzò in piedi all’istante e gridò: Oh! guardate! Nelle coperte o nelle lenzuola c’è un cimice o un pidocchio che mi ha morsicato! — Gli eunuchi allora che là si trovavano, sciorinando subitamente le coperte e le lenzuola, tutte le esaminarono attentamente. Ma intanto il cimice nella sua prontezza era corso in fondo al letto, mentre il Cammina-lento che s’era ficcato in una piega dei panni, fu veduto e ammazzato. Però io dico:


Gente accoglier non si dee
Di cui l’indole è mal nota.


Or, d’un cimice per colpa,
Un pidocchio ebbe la morte.


Per queste ragioni, tu devi mandare a morte Sangivaca; se no, egli ti ammazzerà. Perchè è stato detto:


Quei che abbandona
I famigliari
E gli stranieri
Fa suoi compari,


La morte avrà
Qual l’ebbe già
Re Cacudruma. —


Pingalaca disse: Come ciò? — L’altro disse:

Racconto. — In una parte d’una foresta abitava uno sciacallo di nome Ciandarava. Un giorno, preso dalla fame, per voglia di mangiare, entrò in una città; ma i cani di città, come l’ebbero veduto, correndogli attorno da tutte le parti con latrati, già stavano per addentarlo coi denti acuti,