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46 novelle indiane di visnusarma

di chi in lei si confidava, qui ne porto la testa. Non più paure adunque! Tutti i pesci omai possono star tranquilli. — Però io dico:

     
Una gru che assai pesci divorava

Grandi, mezzani e piccoli, fu morta

Da un granchiolin, perchè troppo bramava. —


Disse il corvo: O caro, dimmi allora in che modo quel malvagio serpente può essere ucciso. — Lo sciacallo disse: Tu devi andate a una città che sia sede di re. Là, ad un qualche ricco o ad un ministro regio o ad un altro nel momento ch’ei non vi badi, devi rapire un monile d’oro o un vezzo di perle e cacciarlo nel buco dell’albero. Per esso, il serpente agevolmente verrà ucciso. — Il corvo allora e la cornacchia, levatisi a volo in quell’istante, se ne vennero ad una città, e la cornacchia capitò ad un giardino, laddove, mentre se ne stava ad osservare, ecco che tutte le donne del gineceo d’un re, venute ad uno stagno, deposti i monili d’oro, i vezzi di perle, le vesti e gli altri ornamenti, stavano scherzando nell’acqua. Essa allora, rapito un monile d’oro, si mosse per volare al suo albero. Ma i paggi e gli eunuchi, vedendo portar via quel monile, con bastoni alla mano, corsero in fretta dietro alla cornacchia, e la cornacchia, cacciato quel monile nel buco del serpente, si fermò ad un punto ben lontano. Intanto che i servitori del re, montati sull’albero, frugavano in quel buco, ecco che là si stava, sciolte le spire, un nero serpente. Uccisolo a colpi di bastone e ripreso il monile, essi se ne andarono per la loro via, e i due corvi, marito o moglie, d’allora in poi abitarono felicemente in quel luogo. Perciò io dico:


Ciò che far non si potrà
Con la forza, si farà
Con l’astuzia.


Nero un serpe si perdè
Per il corvo che gli diè
D’oro un vezzo.


Del resto, non v’è nulla al mondo che non si possa fare dai saggi. Perchè è stato detto:


Ha possanza chi ha del senno.
Dello stolto ov’è il poter?


Nella selva un leon fero
Una lepre fe’ cader. —


Carataca disse: Come ciò? — E l’altro disse:

Racconto. — In mezzo ad una selva abitava un leone di nome Basuraca. Per la soverchia sua forza egli non cessava mai dall’ammazzar gazzelle, lepri e altri animali. Un giorno però, tutti gli abitatori di quella selva, antilopi, cinghiali, bufali, buoi selvatici, lepri e altri, radunatisi, andando da lui, così parlarono: O signore, a che mai questo infruttuoso macello di animali, mentre con un solo puoi saziarti? Facciasi oggi una convenzione fra noi. Da oggi in poi, fin che tu qui ti starai, ogni giorno uno di noi, per turno, verrà da te per il tuo nutrimento, così facendo, tu avrai il tuo sostentamento senza fatica e intanto non vi sarà questo sterminio di noi tutti. Seguasi da te il costume dei re, poichè è stato detto:


Chi adagio adagio
Gode il suo regno


Secondo il frutto,
Sì come il saggio1

  1. Il saggio non tracanna ingordo l’elixir, ma lo beve adagio e a sorsi.