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libro primo 41

metterò tutta quanta la terra. — Così avendo pensato, violò i confini di tutti i re circonvicini. Ma quelli, vedendo ch’egli violava i confini, radunatisi insieme, tutti gli mossero guerra. Il re allora, per bocca della regina, così fece dire alla fanciulla: O figlia, avendo noi una figlia come te ed essendo nostro genero il beato Visnù, come va che tutti quanti i re mi fanno guerra? Però si deve avvertire oggi il tuo proprio marito perchè tolga di mezzo questi nemici miei. — La fanciulla allora così disse con rispetto al tessitore, venuto da lei quella notte: O beato, non è punto bello che, essendo tu suo genero, mio padre sia oppresso dai suoi nemici. Facendogli adunque grazia, disperdili tu! — Il tessitore disse: O cara, i nemici di tuo padre son ben poca cosa; però non aver timore. In un istante io li farò a pezzi col disco mio Sudarsana. — Intanto, con l’andar del tempo, essendo stata invasa dai nemici tutta quanta la terra, il re fu ridotto alle sole sue mura. Egli tuttavia mandando pur sempre al tessitore in forma di Visnù, non sapendo chi egli si fosse, doni di canfora, d’aloè, di muschio, e d’ogni altro odor soave, con cibi, bevande e varie maniere di vesti, per bocca della figliuola gli faceva dire: O beato, domani all’alba sarà presa la città; mancano ormai le biade e le legna da ardere, tutti hanno guasta la persona dalle ferite e però non possono combattere, molti poi sono morti. Ciò sapendo, facciasi da te quanto si conviene all’occasione. — Avendo ciò udito, il tessitore pensò: Se la città vien presa, io avrò la morte e dovrò separarmi da costei. Io però, montando sull’aquila Garuda, mi farò veder nell’aria con le mie armi. Forse, pensando che io sia Visnù, i nemici spaventati periranno tutti, uccisi dai soldati del re. Perché è stato detto:


Anche dal serpe che non ha veleno,
Una gran cresta si dee sollevare.

Abbia tosco o non abbia, non può a meno
Della cresta l’ardir di spaventare.


Anzi, se io, uscendo in favor della città, avrò la morte, sarà anche più bello. Perchè è stato detto:


Se per i buoi,
Per i bramini.
Pel suo signore,
Per la sua donna,


Per la città,
Alcun morrà,
Avrassi in premio
L’eternità.


Anche è stato detto:


Quando la luna è nello stesso cerchio,
Anche il sole a Rahù resta soggetto1;

Del forte è pur laudabil la sventura
Quando il toccò per alcun suo protetto. —


Così avendo pensato, come ebbe fatto pulizia dei denti, rispose alla fanciulla: O cara, quando saranno sterminati tutti i nemici, io berrò e mangerò ancora. Che più? allora io tornerò a star con te. Intanto, tu devi

  1. Il sole nell’eclissi si considera dagli Indiani come in battaglia con Rahu che è un mostro aereo. Il sole qui è detto difender la luna, venuta a lui per soccorso, dagli assalti del mostro. Oscurandosi, come avviene nell’eclissi, è segno che ne è restato vinto; ma è bella la sua sconfitta, toccata da lui per difendere chi è debole, cioè la luna.