Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/46

38 novelle indiane di visnusarma

dopo lungo intervallo ritornò in sè. Allora, fu così domandato dal carpentiere: Amico mio, come mai e per qual cagione ti sei così svenuto? Raccontami tutto ciò come è veramente! — E l’altro disse: Amico, se così è, tu ascoltami in segreto e io ti dirò il tutto. — Dopo questo, egli disse: Amico mio, se tu mi stimi tuo amico, fammi grazia di procacciarmi le legne per il rogo1 e perdonami se, per la violenza dell’amore, t’ho fatto cosa che tu non meritavi. — L’altro, udendo ciò, con occhi gonfi di lagrime e balbettando disse: Dimmi adunque la cagione del tuo dolore, acciocchè vi si ponga rimedio se ciò si potrà fare. Perchè è stato detto:


Cosa non è nel mondo
Che aggiustar non si possa
D’incanti e lattovari,


Dell’oro con la possa,
Coi pensamenti savi
D’uomini dotti e gravi.


Se pertanto questo tuo male è rimediabile per alcuna di queste quattro cose, io vi porrò rimedio. — Il tessitore disse: Amico, il mio male è irrimediabile e per questi e per mille altri rimedi. Però non perder tu il tempo nella morte mia. — Il carpentiere disse: Oimè, amico, piuttosto fammelo sapere, perchè, ove io pure lo stimi irrimediabile, entri con te nel fuoco. Io non sopporterei nemmeno un istante la tua lontananza. Tale è il mio divisamento. — Il tessitore disse: Dunque ascolta, o amico. Dal momento che io ho veduto là alla festa quella figlia di re montata su di un elefante, questa condizione mia mi è stata fatta dal dio beato dell’amore. Però io non posso sopportar questo malanno. Intanto è stato detto:


Quando mai potre’ io, stando con lei
Un sol momento, fra sue braccia chiuso,

Sazio dormir di voluttà, fra quelle


Mammelle sue cacciandomi col petto,
Molli di zafferai!, turgide in guisa
Di tumor d’elefante ebbro d’amore?2


E poi:


Quel suo labbro colorito,
Quel suo paio di mammelle,
Quel suo orgoglio giovanile,
Quel suo bellico profondo,
Quel suo taglio della vita
Agil come un stel di loto,


Tai pensieri della mente
Le vertigini mi dànno
Subitane e vïolente.
Che le guance sue leggiadre
Più e più m’ardan, forse che
Vero e giusto ciò non è? —

Il carpentiere, udendo quelle parole d’amore, disse allora sorridendo: Antico, se così è, noi abbiano raggiunto felicemente la meta. Però oggi stesso tu starai con lei. — Il tessitore disse: Amico, là, in quella stanza della fanciulla, dove, eccetto il vento, nessun altro può entrare, guardata com’è dai custodi, come mai potrei io stare insieme con lei? perchè adunque ti fai beffe di me con queste menzogne? — Il carpentiere disse: Ebbene! amico mio, tu vedrai il mio ingegno. — Così avendo risposto, in quel momento stesso, fabbricò con legno di albero vayugia un’aquila Garuda3

  1. Per arderlo dopo morto.
  2. Tumori rigonfi sul capo degli elefanti innamorati, da cui stilla umore.
  3. Nome dell’aquila di Visnu.