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libro primo 37

di genio per cui io separerò Sangivaca dal nostro padrone. Perchè è stato detto:


Via dall’arco liberata
Una freccia dall’arcier
Può e non può
Fare un morto al suol cader;


Ma prudenza bene usata
Da un uom saggio e di gran cor
Rovesciò
Col suo duce un regno ancor.


Io però, con arte multiforme, ricorrendo a un inganno nascosto, ne lo separerò. — Carataca disse: E se Pingalaca o Sangivaca viene a conoscere in qualche maniera quest’arte tua multiforme, caro mio, allora sarà un guaio! — E l’altro disse: Non dir così, amico. Da chi ha mente profonda, in tempo di disdetta, anche essendo contraria la fortuna, si deve usar dell’ingegno nè si deve lasciar mai alcun tentativo. L’ingegno in un attimo può acquistarsi un regno. Perchè è stato detto:


La fermezza del core
Deh! tu non lasciar mai
Anche se avverso il fato
Alcuna volta avrai,
Chè a loco alto d’onore
Per avventura giunge


Chi ha fermezza del core,
Anche se in mar gli avviene
Di perder rotte e infrante
Le navi, a l’opra torna
Voglioso il mercatante.


E poi:


Sempre all’uom ch’è diligente
Lieta sorte s’accompagna.
«Oh! il destin!», così la gente
Ch’è più stolida, si lagna.


Del destin non ti curando,
Uom ti mostra come può.
Non riesci t’adoprando;
E qual colpa avra’ tu in ciò?


Io adunque, ben sapendo nel mio profondo pensiero che quei due non s’accorgeranno di nulla, li separerò l’uno dall’altro. Perchè è stato detto:


D’un inganno che resti ben celato,
Nemmeno Brahma al fondo è penetrato;

Di Visnù nella forma, il tessitore
Della figlia del re godè il favore. —


Carataca disse: Come ciò? — E l’altro disse:

Racconto. — In un certo paese abitavano due amici, un tessitore e un carpentiere. Là, fin dalla fanciullezza, essi avevano passato il loro tempo dimorando sempre insieme e sempre l’un con l’altro aggirandosi per i medesimi luoghi, quando un giorno, in quel paese, presso l’oratorio d’un idolo, vi fu una gran festa con una processione. Andando pertanto quei due e passeggiando per il luogo tutto pieno di saltimbanchi, di ballerini, di cantanti, ingombro di genti venute da diverse parti, ecco che essi videro la figlia di un re che era montata su di un elefante, adorna dei segni tutti della bellezza, circondata da paggi e da eunuchi, venuta essa pure a veder l’idolo. Ma il tessitore, appena l’ebbe veduta, come se fosse stato preso da avvelenamento o colto da un pianeta maligno, ferito dalla saetta dell’amore, cadde d’un tratto a terra. Vedendolo in quello stato, il carpentiere, dolente di quella sventura, fattolo levar su da uomini atti, lo menò a casa sua, dove egli, con diversi rinfrescanti additati dai medici e curato dagli indovini,