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libro primo | 19 |
Così avendo pensato, si mosse per andar da Pingalaca, e Pingalaca che lo vide venire, dissimulando il proprio pensiero, si mostrò qual era dianzi. Damanaca, venuto presso di lui, fattogli un inchino, si sedette, e Pingalaca disse: Amico, hai tu dunque veduto quella creatura? — Damanaca disse: Veduta, se piace al re!— Pingalaca disse: Davvero? — Damanaca disse: Perchè mai si dovrebbe dire il falso dinanzi al re? Ed è stato detto:
Tragge sè stesso a morte
In un momento, s’anche grande ei sia.
E poi:
Come un dio riguardandolo il mortale,
Detto non parli che sia falso o vano.
[gnante
Dal principe all’istante,
Ma dal celeste in la vita futura,
Dell’opre buone o ree cogliesi il frutto. —
Pingalaca disse: Dunque da te sarà stata veduta quella creatura! Se non che, pensando essa che un grande non si cruccia con un miserabile, tu non sei stato ucciso. Ora, è stato detto:
In giù si piegano,
Non schianta il nembo mai dalle radici;
Ma piante altissime
Piuttosto abbatte,
Chè guerra imprendere
Desìa chi è grande sol con gran nemici.
E ancora:
Che le guancie gli riga1, oh! mai non sale
Valoroso elefante in reo furore.
Ma ben s’adira quando un forte, in cui
Sia forza eguale, crucciasi con lui. —
Damanaca disse: Così è! egli magnanimo, e noi dappoco. Eppure, se il re mi dice cotesto, io lo trarrò in sua servitù. — Pingalaca disse: Come mai potresti farlo con buon esito? — Damanaca disse: Qual cosa è mai che non riesca col sapere? Ora è stato detto:
A così lieto fine opera cresce
Com quella sì che per saper riesce. —
Pingalaca disse: Se così è, tu omai sei elevato al grado di ministro. Da oggi in poi, io senza di te nulla farò che riguardi la pace o la guerra o altro. Tale è il mio divisamento. Però tu, andando subito, fa sì che quello venga in mia servitù. — E l’altro, avendo risposto che si, fatto
- ↑ Quando gli elefanti sono in amore, cola loro per le guancie un umore particolare di cui le vespe sono avide.