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16 | novelle indiane di visnusarma |
Il saggio, sia che lecita la pensi
O illecit’anco, di celarsi degna
Sempre, con gran rispetto, la ritegna. —
Avendo udito ciò, Pingalaca pensò: Costui mi sembra un onest’uomo. Però gli voglio dire il mio proprio pensiero, poichè è stato detto:
O Damanaca, odi tu questa gran voce che vien da lontano?1 — E l’altro disse: O signore, io l’odo. E che perciò? — Pingalaca disse: Alla buon’ora! io voglio andar via da questa selva. — Damanaca disse: Poi qual ragione? — Pingalaca disse: Perchè oggi in questa selva deve essere entrato qualche animale non mai visto innanzi. Quello di cui s’ode così gran voce deve pur essere di tal forza che corrisponda alla sua voce. — Damanaca disse: Non è bello che nostro signore, soltanto per una voce, sia venuto in tanta paura. Perchè è stato detto:
Amor da maldicenza vien distrutto,
Dalle ciarle l’uom vil si lascia prendere.
Però disdice al re ch’egli abbandoni la selva occupata già da tanto tempo, perchè vi son suoni diversi e vari di tamburi, di flauti, di liuti, di tamburelli, di castagnette, di cembali, di conche, di timballi e di altri di altra specie. Però non si deve aver paura per un solo suono. Perchè è stato detto:
Seccati gli stagni nell’estiva arsura,
Ma l’Indo vieppiù cresce e si dilaga.
E poi:
Della fortuna è lieto nel favore,
Nell’ora del pugnar non ha paura,
Figlio tal ch’è ornamento
Del mondo, raro assai
Ha da madre mortale il nascimento.
Ancora:
- ↑ Il muggito del loro Sangivaca. Vedi sopra.