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228 novelle indiane di visnusarma

Come potè vedere con vista chiara, ecco che là, in mezzo al burro, erano soltanto i pezzi del serpente nero. Allora pensò: Oh! che è mai questo? M’è stato parlato di carne di pesci, ma questi sono pezzi d’un serpente nero! Io intanto starò a vedere se questa è opera di mia moglie dalle tre mammelle, ovvero è qualche macchina del gobbo Mantaraca per farmi morire, ovvero è un tiro di qualchedun altro. — Così avendo divisato, nascondendo il suo disegno, attese al lavoro suo nella guisa che fa un cieco, come prima. Intanto il gobbo Mantaraca, essendo di ritorno, incominciò senza sospetto a sollazzarsi con la donna dalle tre mammelle abbracciandola, baciandola e facendo seco anche dell’altro. Ma il cieco che vedeva tutto ciò, poiché in nessun luogo rinveniva un’arma, fatto cieco dall’ira come prima si avventò a Mantaraca e afferratolo per i piedi e facendoselo rotar sul capo con tutta la destrezza e la forza della persona, lo cacciò contro il petto della donna dalle tre mammelle. Allora, colpita cosi dal corpo del gobbo, la terza mammella le entrò nel petto, mentre il gobbo, colpito dalla mammella nella regione della gobba, d’un tratto si raddrizzò. Perciò io dico:


Un cieco, un gobbo e una regal fanciulla
Che a sommo il petto avea mammelle tre,

D’ogni regola in onta fûr sanati
Poi che il fato propizio a lor si fe’1. —


L’uom dell’oro disse: Oh! è pur vero tutto ciò che tu vai dicendo. Col favor della sorte si può conseguir la felicità dovunque. Vuolsi tuttavia che l’uomo eseguisca il precetto dei più savi. Chi, invece, si comporta in maniera diversa, incontra come te il suo malanno. Intanto,


Quelli c’hanno un ventre solo
Ma fra lor disgiunti i gozzi,
Di cui l’uno avvien che il frutto


Del compagno suo s’ingozzi,
Vanno a male in lor bordello2
Come già Baranda augello. —


L’uom della ruota disse: Oh! come mai cotesto? — E l’altro disse:

Racconto. — Sovra la sponda dell’oceano abitava una volta un uccello di nome Baranda che aveva un ventre solo e due teste. Mentre egli un giorno andava errando sulla riva del mare, trovò un frutto dolce come l’ambrosia, che le onde avevano gettato sul lido. Egli nel mangiarlo andava dicendo: Oh! io ho mangiato ben molti frutti di sapor d’ambrosia che le onde del mare avevano gettati al lido, ma un sapore come questo non l’ho mai sentito prima d’ora! O è qualche frutto dell’albero Parigiata o della pianta Hariciandana3, ovvero è qualche altro frutto del sapor dell’ambrosia che per qualche caso è caduto. Io intanto me lo vado assaporando. — Intanto ch’egli parlava così, l’altra testa disse: Oh! se è cosi, dammene tu un pezzetto perché anch’io ne possa gustare. — L’altra testa

  1. Questa novella, come molte altre di questo libro quinto, non potrebbe essere nè più sciocca nè più triviale.
  2. Nel senso di discordia intestina.
  3. Alberi favolosi del paradiso indiano.