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220 novelle indiane di visnusarma

Quei che impossibile
Disegno medita
Pei dì che vengono,
Di Somasarma


Come già il padre,
Infarinato
Sì sta sdraiato. —


L’uom dell’oro disse: Così è appunto, perchè


Quei che si pone troppo ingordo all’opra
Nè gli svantaggi prima ne pensò,

Sì come Ciandra un dì, re della terra
Deriso e svergognato ne restò. —


L’uom della ruota disse: Come ciò? — E l’altro disse:

Racconto. — C’era una volta in una città un re di nome Ciandra, che aveva in casa sua un branco di scimie per far giuocare i suoi bambini. Esse erano lautamente mantenute con ogni sorta di cibi e d’altro, e il capo della schiera che conosceva e metteva in pratica i precetti di Usanas, di Vrihaspati e di Cianachia1, li faceva imparare anche agli altri tutti. Ora, nel palagio reale, era anche una mandra di caproni che serviva a tirare in carretta i piccoli bambini del re. Uno di essi, per ingordigia, di giorno e di notte soleva entrar senza timore in cucina e là si mangiava tutto ciò che trovava. I cuochi lo picchiavano con tutto ciò che potevano avere alla mano, con bastoni e con pietre, e il capo delle scimie che l’ebbe veduto, così pensò fra sé: Oh! cotesta lite fra cuochi e caprone finirà per essere la rovina delle scimie! perché questo caprone è avido di mangiare e i cuochi troppo rissosi lo picchiano con tutto ciò che hanno alla mano. Se mai, per mancanza di qualunque altra cosa, gli scaglieranno dietro qualche tizzone, il caprone che è mollo lanoso, anche con poco fuoco, divamperà tutto e tutto arso entrerà nella vicina stalla dei cavalli, e la stalla, per il molto strame che ha, s’incendierà tutta. I cavalli allora saranno attaccati dal fuoco. Ora, da Salihotra2 è stato detto che il dolore dell’ustione del fuoco sui cavalli si calma col grasso delle scimie. Da ciò, pertanto, si origina la nostra morte. — Così avendo pensato, convocò tutte le scimie e disse loro in segreto:


Là ’ve nasce una contesa
Tra caproni e cucinieri,
Senza dubbio la rovina
Delle scimie v’è compresa.


Chi brama viver queto andrà lontano
Da quella tal magione
Dove, senza ragione,
Per continuo altercar si fa baccano.


E poi:


Va la casa in rovina per le liti
E l’amicizia per,la maldicenza;

Dell’uom la gloria per l’opre non belle,
E un regno, del suo re per l’insipienza.


E però, intanto che non è ancor giunto lo sterminio di noi tutti, abbandonando la corte andiamo nei boschi. — Udito questo discorso che loro parve assurdo, le orgogliose scimie ridendo risposero: Oh! perché tu sei vecchio, la tua mente vacilla, e però parli così. Ora, è stato detto:

  1. Antichi e favolosi sapienti. Vedi le note alle precedenti novelle.
  2. Favoloso autore d’un’opera di veterinaria.