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LIBRO QUINTO


Qui s’incomincia il libro quinto che piglia il nome dalle opere fatte inconsideratamente e del quale i primi versi sono i seguenti:


Cosa mal ccnsiderata,
Mal pensata, male udita,
Mal veduta o esaminata,


Così come il barbier fe’,
L’uom quaggiù far mai non de’. —


Intanto così s’ode raccontare:

Racconto. — C’era una volla nella regione australe una città di nome Pataliputra e vi abitava già un mercante di nome Pataliputra. Costui, mentre attendeva alle opere del dovere, del traffico, del piacere, del francarsi dalle contingenze di quaggiù1, per voler del destino perdette ogni suo avere. Venne allora in grande costernazione quando si vide disprezzato per la perdita delle sostanze. Anzi, quando di notte giaceva nel Ietto, andava fra sè pensando: Oh! quanto è trista la povertà! Perchè è stato detto:


Tolleranza ed onestà,
Cortesia, galanteria,
Cor sincero e nobiltà
D’alta genealogia,
Tutto ciò mai non splendè
Appo l’uomo che perdè
La sostanza ch’egli avia.
Discernimento,
Baldanza certa,
Gran sentimento,
Fidanza aperta,
Intendimento,
Tutto diserta
Là dove alcuno
Quel dissipò
Ch’ereditò.
Come il piacer della stagion più fresca2
Di giorno in giortno vassene disperso

Vinto dall’aure della primavera,
Nelle cure così per il diverso
Pesa della famiglia i lor talenti
Sciupano i più avveduti e sapïenti.


A darsi cura
Quando è costretto
Del sal, del burro,
Del suo farsetto,
Degli aver suoi,
Del riso e poi
Dell’olio ancora,
D’uom di gran senno,
Ridotto al verde,
Valor, saggezza,
Tutto si perde.
Casa povera e sprovvista,
Anche se leggiadra in vista,
Come ciel senza splendori,
Come fonte senza umori,
Come tetro cimiter,
Troppo è squallida a veder.
Dinanzi agli occhi
Anche se stanno,
Non son visibili
Quei che nulla hanno,
Come, per l’acqua

  1. Nel senso religioso del liberarsi da ogni dolore o desiderio o dall’eventualità del dover rinascere.
  2. L’inverno che è la stagione più gradita agli Indiani.