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202 | novelle indiane di visnusarma |
dell’elefante. Di questa stessa guisa tu pure, come avrai vinto in battaglia quel tuo nemico che è della tua stessa stirpe, ammazzalo. Se no, t’avrai la morte da lui quando avrà messo le radici in casa tua. Perchè è stato detto:
Leggerezza in comari è visibile;
Per congiunti fastidio è trovabile.
E ancora:
Il delfino disse: Come ciò? — Il scimio disse:
Racconto. — C’era una volta in un certo paese un cane di nome Citranga. Sopravvenne in quel paese una lunga carestia, onde, per mancanza di cibo, i cani e gli altri animali lutti venivano a perire. Ma Citranga, per timor di morire, sentendosi tormentato dalla fame, si recò in altro paese. Là, in una certa città, per favore d’una massaia, moglie d’un capo di casa, entrando ogni giorno in quella casa e mangiando di diversi cibi, giunse a satollarsi assai bene. Se non che, quando usciva di casa, circondato da ogni parte dagli altri cani inviperiti contro di lui, per tutto il corpo era straziato dai loro morsi. Allora, egli pensò: Oh! quanto è migliore il proprio paese laddove si può stare assai bene anche nella carestia! Là, nessuno viene ad azzuffarsi con te. Io perciò voglio tornarmi alla mia città. — Cosi avendo divisato, si mosse per andare al suo paese. Quand’egli fu ritornato di fuori, tutti quelli della sua razza gli domandarono: Ohè Citranga! raccontaci che hai tu fatto in quel paese! e di che maniera è quel paese? e qual è il costume della gente? che roba c’è da mangiare? e che ci si fa? — Egli rispose: Come si può descrivere il costume d’un paese straniero?
Il delfino allora, avendo udito quel consiglio, fatto divisamente di morire, salutò il sdraio e ritornò a casa, laddove, azzuffatosi con quel prepotente che gli era entrato in casa e ammazzatolo con grand’animo e vigore, riebbe la sua casa dove lungamente e felicemente abitò. Perciò giustamente si suol dire:
Così finisce il quarto libro, detto della perdita di ciò che s’ha acquistato, nel Panciatantra, opera dell’inclito Visnusarma.