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188 | novelle indiane di visnusarma |
Dopo ciò, egli se ne venne, insieme allo sciacallo, nel cospetto del leone. Ma intanto che il leone tormentato dal suo male, vedendo il somaro, stava per levarsi, l’asino prese a fuggire, e perchè egli fuggiva, il leone volle dargli un colpo colla zampa, ma quel colpo fallì come fallisce l’intento d’uno sventurato. Intanto lo sciacallo, preso dall’ira, gli disse: Oh! di che maniera mai era quel tuo colpo? se l’asino può andarsene via dinanzi a te, come farai tu battaglia con un elefante? Davvero che ora s’è veduto il tuo valore! — 11 leone allora tutto vergognoso gli disse: Oh! dunque che dovrò fare? Io non aveva ben preparato il salto. Ma un’altra volta nemmeno un elefante, ove capiti al mio salto, mi sfuggirà. — Lo sciacallo disse: Anche una volta per oggi io ti menerò innanzi colui. Ma tu devi aspettare misurando bene il salto. — Il leone disse: Amico mio, colui che, avendo veduto coi suoi proprii occhi, se n’è fuggito, come mai ritornerà qui? Cerchisi adunque qualche altro animale. — Lo sciacallo disse: Perchè impacciarti di cotesto? Tu stattene soltanto a ben misurare il salto. — Dopo ciò, andando lo sciacallo in traccia del somaro, ecco ch’egli Io vide pascolare al suo luogo. Allora, come vide lo sciacallo, l’asino gridò: 0 nipote mio, tu m’hai menato in un bel posto davvero laddove io era venuto ornai in poter della morte! Dimmi ora tu chi era mai quel terribile animale dai colpi dell’artiglio del quale, simile al fulmine, io sono scampato. — Udendo questo, lo sciacallo rispose con un sorriso: Zio, quella era un’asinina, che, ben nutrita nella foresta, avendo veduto che tu venivi, con molto amore t’era corsa incontro per abbracciarti. Ma tu per timidezza sei fuggito. Essa invece ora non può vivere senza di te. Perchè tu fuggivi, essa levò la mano per attaccarsi a te, non per altra cagione. Vieni adunque! Essa, per cagion tua, posto l’animo a voler morir di fame, va dicendo: «Se Lambacarna non sarà mio marito, io mi getterò nel fuoco o nell’acqua, ovvero ingoierò del veleno. Io non posso tollerar la lontananza sua!». Tu adunque, per far piacere a lei, torna a quel luogo! Se no, ti sarà data colpa d’aver fatto morire una femmina e il Dio dell’amore si adirerà con te. Perchè è stato detto:
In tutte cose di quaggiù possente,
E, stolti! corron dietro a lor chimere,
Dal Dio d’amor senza pietà colpiti
Vedonsi poi, ché alcun di lor va ignudo,
Rasa la testa, ed altri è in veste rossa,
Altri ha le trecce intorno al capo ed altri
Porta squallidi teschi alla cintura1. —
- ↑ Si accenna ai diversi ordini di monaci indiani e al loro modo di vestirsi o di accomodar la persona, ora con la testa rasa, ora con trecce, ora con teschi attorno ai fianchi. L’Amore che essi hanno disprezzato, si vendica di loro, secondo il poeta, rendendoli così brutti e ributtanti.