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libro terzo 169

ed ecco che le orme delle zampe del leone entravan tutte nella caverna, ma nessuna era volta all’uscire. Allora pensò: Oh! io son morto! Qui c’è da fare con un leone che s’è cacciato qui dentro. Ora, che fo io? Come potiò saperlo? Così pensando e tenendosi pur sull’entrata, incominciò a lamentai si: Oh spelonca! Oh spelonca! — Così dicendo, stava alcun poco in silenzio, e poi di nuovo gridava! Oh! non ti ricordi qual patto è stato fatto tra me e te? cioè che io, dopo una mia assenza, quando ritorni ti debba salutare e che tu mi debba rispondere. Ma se tu oggi non mi fai invilo, io andrò bene ad un’altra caverna che mi chiami. — Avendo udito cotesto, il leone pensò: Certamente questa caverna gli mandami richiamo quand’egli torna, ma oggi per timore di me essa non fa motto. Intanto, si suol dire egregiamente:


Di chi ha turbato il core
Da tema e da sgomento,
De’ piedi e delle mani


Van l’opre a perdimento,
E tremito lo coglie
Che la voce gli toglie.


Io adunque gli farò il solito invito perchè, entrando, egli mi fornisca il mio pasto. Così avendo divisato, il leone gli fece il consueto invito. Ma, al ruggito di lui, la caverna si riempì di tal fragore che spaventò anche i più lontani abitatori della selva, e lo sciacallo, nel fuggire, recitò quei versi:


Chi pensando alla sventura
Che non anche capitò,
Opra e fa, della sua cura
Lieto sempre si restò;
Ma sè stesso piange poi
Chi, per ciò che venir de’,


Non pensava a’ casi suoi.
Perché al bosco, qui, abitassi,
Io son giunto ai vecchi dì;
Ma non mai per me s’udì
Che uno speco favellassi. —


Pensando a tutto ciò, voi dovete venir con me. — Così avendo parlato, Ractacsa, seguilo da tutta la turba de’ suoi partigiani, se n’andò in un paese lontano.

Quando Ractacsa fu partito, Stiragivin tutto contento così pensò: Oh! questa è ben fortuna buona per noi che Ractacsa se ne sia andato! perchè egli ha vista lunga e costoro son tutti storditi della mente. Ora però son essi venuti a tal punto che facilmente io potrò sterminarli tutti. Perchè è stato detto:

Principi che non han saggi e avveduti
I ministri che il padre a lor legò,
Ratto, davver! che vedonsi perduti!


Con ciò giustamente si suol dire:


Quei nemici che lasciando
La politica sincera
A rovescio vanno oprando


Di ministri con la ciera,
Son davver da equiparare
Di scienza a un luminare. —


Così avendo pensato, ogni giorno, per dar fuoco alla caverna dei gufi, portava un fuscellino di legno nel suo nido, nè quegli sciocchi di gufi