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libro terzo 165

D’aver lasciando il sol per suo marito,
Il vento, il monte, il nugolo, ritorno

La topina fe’ a’ suoi, chè il proprio sangue
Difficilmente puote esser tradito. —

I ministri dissero: Come ciò? — E Ractacsa incominciò a raccontare:

Racconto. — Sulla sponda del Gange che ha le onde orlate di candide spume, nate dallo scorrere delle acque, e i pesci sempre spaventati dall’udire il rimbombo delle acque che si precipitano su per la superficie scabra delle roccie, era già un romitaggio frequentato da penitenti sempre intenti alle preghiere, alle mortificazioni, alle penitenze, alle meditazioni, alle opere tutte di santimonia, paghi del bersi soltanto acque putride e scarse, con la persona macilenta per cibarsi soltanto di erbe, di radici, di frutti, di legumi, coperti soltanto ai lombi d’alcune vesti di corteccia. Là era pure un capo di famiglia di nome Yaginavalchia. Un giorno, intanto ch’egli nel Gange stava per bagnarsi e far le abluzioni di rito, gli capitò alle mani una topina sfuggita al rostro di un falco. Vedendola, la nascose compiute le cerimonie di purificazione, col potere della sua penitenza mutata in fanciulla la topina, la prese con sè e ritornò al suo romitaggio. Là così egli parlò alla moglie sua che non aveva figlia: Prendasi, o cara, questa tua figlia che ci è nata. Vuolsi allevarla con molta cura. — Ed essa fu allevata da cole, tenuta cara e ben guardata finchè toccò l’età di dodici anni. La donna allora, vedendola in età da nozze, disse al marito: Marito mio, non ti avvedi tu che omai passa il tempo di far le nozze di tua figlia? — Egli rispose: Ben detto! Ora, si suol dire:


Gli Dei le donne godonsi a principio
Luno1, il Fuoco, i Gandarvi, e se dipoi

L’uom se le gode, colpa in ciò non vedesi.
E a lor dà Luno purità, i Gandarvi
Mente lor dànno accorta e tutta il Fuoco
L’illibateza. Però son le donne
Monde d’ogni sozzura. E come ancora
Sue regole non ha, così ella è Gauri2,
Ed è Rohini3 quando i menstrui giungono;
Quando segno non n’ha, non ha mammelle
E non ha peli. Godesi di lei
Luno ne’ menstrui sopraggiunti, e godono
Ne le mamme i Gandarvi ed entra il Fuoco


In quell’umor di lei. Però, nel tempo
Che alle regole sue non anche è giunta,
La fanciulla si collochi, e si loda
Che sian sue nozze negli otto anni suoi.
Menstrui che giungan pria4, rovinan tutta
Precedente una vita, e un’altra ancora
Le mammelle cresciute, e del piacere
L’acre desìo rovina i disïati
Mondi del cielo, e rovina l’umore
L’antico padre5. Ma le nozze sue,
Secondo ch’ella vuol, si fanno allora
Che ha la fanciulla i menstrui suoi; le nozze
Però facciansi quando ella è scoverta

  1. Il dui Luno, la luna, che in sanscrito è maschile.
  2. La fanciulla che non ha ancora le regole sue, è come Gauri, che è la sposa di Siva.
  3. Nome della sposa del dio Luno.
  4. Prima dell’esser maritata.
  5. Il lasciar che una fanciulla giunga ad età da marito e non le si dia marito, è una colpa che, secondo le idee indiane, ha i suoi tristi effetti nella vita antecedente dell’individuo, nelle altre vite che può avere rinascendo, nella vita oltramondana, nella sorte dei parenti già morti, ecc.