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164 | novelle indiane di visnusarma |
di fare, e lo sciocco di carpentiere, com’ebbe inteso le parole della moglie, coi peli del corpo tutti arricciati per la gioia, saltando fuori di sotto al letto, gridò verso di lei: Bene, o fedele al tuo marito! Bene, o gioia della tua famiglia! lo, col cuore messo in sospetto dalle parole dei maligni, per metterti alla prova aveva fìnto d’andare al villaggio, ma poi m’era tenuto nascosto qui, sotto il letto. Vieni adunque e abbracciami! Tu sei ben la prima fra le donne fedeli al marito perchè bai osservato il voto più stretto anche nel convegno con un altr’uomo! Tu hai fatto tutto questo per accrescer la mia vita e per allontanar da me il destino della mia morte! — Così dicendo l’abbracciava con amore e, levandosela in collo, allo stesso Devadatta cominciò a dire: 0generoso, per il mio bene adunque tu sei qui venuto! In grazia tua ho io conseguito un’età d’altri cent’anni. Perciò abbracciami tu ancora e montami in collo. — Così gridando, abbracciando Devadatta che punto non lo desiderava, per forza se lo prese in collo. Allora, ballando e gridando questo e altro ancora: O la prima di tutte le donne fedeli ai voti, tu m’hai fatto un gran servigio! — , reggendoli ambedue in collo, a qualunque porta di casa della sua gente o di altri a cui andava, là faceva la descrizione di ciò che quei due avevano fatto. Perciò io dico:
Così portasi in collo il carpentiere
La moglie e il ganzo della sua mogliere.
Noi intanto, sconquassati fin dal fondo, siam rovinati. Ora, egregiamente si suol dire:
Da’ sapienti estimansi nemici
Che d’amici hanno assunto il bel sembiante.
E poi:
Ma gli altri tutti, non badando punto alle parole di lui, come ebbero sollevato Stiragivin, presero a menarlo con sè nella loro fortezza. Come vi fu menato, Stiragivin disse: O signore, oggi che si potrà far di me, inutile come sono e in questo stato e pure da te raccolto? Però io desidero di gettarmi in un fuoco ardente, e tu devi consolarmi concedendomi quel fuoco. — Ractacsa allora, che ebbe indovinato l’intimo disegno di lui, disse: A che desideri tu di gettarti nel fuoco? — E l’altro rispose: Poichè per cagion vostra Megavarna mi ha dato questo malanno, appunto per espiare l’inimicizia dei corvi, io desidero diventare un gufo. — Udendo ciò, Ractacsa che era bene esperto nelle arti politiche dello Stato, rispose: Caro mio, tu sei falso e finto e furbo nel discorrere, e però, anche se tu sarai diventato gufo, troppo sempre ti avrai cara la tua propria natura di corvo. Intanto, s’ode raccontar questa storiella: