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libro terzo 163

D’una foresta di gran vastità,
Partiti gli uomini1,
Di donne che amano


Che loro scuotasi
Il pelliccione, è gran felicità2.


Egli pertanto, levatosi su all’alba, uscì di casa, ed essa, come ebbe veduto ch’egli era partito, con volto ridente passò tutto quel giorno ad azziniarsi, indi, recatasi alla casa del suo consueto amante, incominciò a dirgli: Quello scellerato di mio marito è andato al villaggio; perciò tu vieni a casa mia quando tutta la gente sarà addormentata. — Mentre tutto ciò si faceva, il carpentiere come ebbe passato quel giorno in un bosco, in sul far della sera rientrò in casa per un’altra porta, indi, nascostosi sotto il letto, là si stette ad aspettare; e Devadalta, convenuto là con la donna, si sedette intanto sul letto. Al vederlo, il carpentiere tutto turbato di sdegno la mente, si mise a pensare: E che? mi leverò io e ucciderò costui? ovvero li ammazzerò io tutt’e due d’un tratto quando saranno a giacere? Ora però io starò a vedere cosa farà mia moglie e ascolterò i suoi discorsi con lui. — La donna intanto aveva chiuso la porta di casa ed era montata sul letto; ma, intanto ch’essa vi montava, ecco che un piede del carpentiere ne sporgeva fuori. Allora pensò: Tutto ciò gli è certo per una prova che vuol far di me questo scellerato di carpentiere. Ora come potrò io far conoscere la mia onesta condotta di donna? — Mentre essa così pensava, Devadalta mostravasi voglioso di abbracciarla; perchè la donna, congiunte le mani sulla fronte, gridò: 0 generoso, tu non puoi toccare la mia persona, perchè io son fedele ai miei voti di sposa e son veramente onesta! Se no, io, mandando una maledizione, ti ridurrò in cenere. — Devadalta disse: Se così è, allora perchè son io stato chiamato? — E la donna rispose: Oh! ascoltami attentamente! Io questa mattina, per fare una visita agli Dei, sono entrata nell’oratorio della dea Durga, quand’ecco, non so come, venne una voce dal cielo: «Figlia mia, che ti devo io fare, tanto mi sei tu devota? Eppure, fra sei mesi, è destino che tu rimanga vedova». Allora io dissi: «O beata, poiché tu prevedi la sventura, conoscerai anche il rimedio. V’è forse qualche modo perchè lo sposo mio possa vivere ancora un cent’anni?» La Dea allora rispose: «Vi è, e il modo dipende da te». E io, come intesi cotesto, dissi: «O beata, se anche si dovesse fare con la mia vita, tu fammi sapere, perchè io faccia!». E la dea rispose: «Se in questo giorno, montando sul Ietto con un altr’uomo, l’abbraccerai, quel destino di dover morire che persegue tuo marito, passerà sopra colui, e tuo marito vivrà per cent’anni ancora». Perciò appunto tu sei stato cercato da me. Ora, ciò che tu hai in mente di fare, puoi fare. La parola della Dea non si potrà mai mutare. Tale è il mio pensiero. — Allora colui, con viso tutto sorridente, fece ciò ch’era solito

  1. Quando i mariti sono assenti.
  2. Questi versi si trovano anche nella novella del monaco Asadabuti nel primo libro; ma sono alquanto diversi in un punto, e là rispondono meglio al senso.