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libro terzo 161

potrà in qualche modo vivere insieme felicemente e con scambievole affetto. Ora, è stato detto:


Quei che il modo di lor vivere
L’un per l’altro non nascondono,
Certamente si rovinano,


Come i serpi che abitavano,
Un delle formiche al cumulo,
L’altro dentro delle viscere. —


Arimardana disse: Come ciò? — Pracaracarna incominciò a raccontare:

Racconto. — C’era una volta in una città un re di nome Devasacti, il figlio del quale ogni giorno più si andava consumando nelle membra per un verme che gli si era cacciato nel ventre, e, sebbene medicato con molti e sottili rimedi, applicandovisi i farmachi designati dalla scienza migliore, non poteva mai riacquistar la salute. Alla fine il giovane principe, per la disperazione, andò in altro paese laddove, andando a mendicar per la città, stava di consueto a passare il tempo suo presso un gran tempio di Dei. In quella città risiedeva un re di nome Bali, il quale aveva due figliuole giovani. Ogni giorno, allo spuntar del sole, andavano esse nel cospetto del padre e lo salutavano; e allora una diceva: Possa tu vincere, o gran re, tu, per la cui grazia si acquista ogni felicità! — Ma l’altra diceva: Possa tu godere, o gran re, di ciò che ti guadagni da te! — Udendo cotesto, un giorno il re così gridò con ira: Ohè! ministri, questa ragazza che sconciamente parla, datela in moglie a qualche straniero perchè essa si goda di ciò che ella stessa si guadagna. — Come i ministri ebbero risposto: Così si faccia! — , la ragazza con piccol sèguito di famigli fu da essi menata al giovane principe che stava nel tempio degli Dei. Essa però, tutta lieta della mente, onorando come un dio il suo sposo, presolo con sè, andò in altro paese. Allora, posto il principe a custodir la casa sulla sponda d’uno stagno nella parte più remota della città, essa andò fuori coi suoi famigliaci per comprar burro, olio di sesamo, sale, riso e altro. Fatto vendita e compera, quando ritornò, ecco che il principe era disteso per terra, posta la testa sopra di un formicaio; intanto, un serpente, con alta la cresta gli usciva dalla bocca e prendeva aria, e là pure, sbucatone fuori, stava presso il formicaio un altro serpente. Al vedersi l’un l’altro avevan fatto rossi gli occhi per l’ira, e il serpente del formicaio diceva; Oh! oh! malvagio! come mai tormenti tu così cotesto principe, tanto bello in tutta la sua persona? — Ma il serpente della bocca rispondeva: Ohè! perchè mai da te, o malvagio, s’è tutto guasto cotesto paio di pentole piene d’oro che son dentro al formicaio? — Ma poi, avendo essi svelato così i lor modi di sussistenza, il serpente del formicaio di nuovo incominciò a dire: Oh! scellerato, e chi non conosce la medicina che s’ha da usar contro te? Con una bevanda di poltiglia di riso inacidita da tempo tu trovi la morte! — E il serpente delle viscere rispose: E la medicina che s’usa contro di te, chi non la sa? la tua morte avviene o con olio caldo di sesamo o con acqua bollente. — In questa maniera, la regia fanciulla, che s’era nascosta dietro un cespuglio, quand’ebbe udito quei loro scambievoli

Pizzi, Novelle Indiane di Visnusarma. — 11.