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154 novelle indiane di visnusarma

Quand’ebbe udito cotesto, quel malvagio, montato in ira contro di me, sospettando ch’io fossi passato dalla tua parte, m’ha ridotto a questo punto. Intanto, il rifugio mio è il venire a’ tuoi piedi. Ma a che ho io da dichiararti tante cose? Appena io possa muovermi, io, menandoti alla sua casa, farò sterminio di tutti i corvi. — Arimardana allora, come ebbe inteso, si consigliò co’ suoi consiglieri ereditati già dal padre e dall avo suo. Egli aveva cinque consiglieri, cioè Ractacsa, Gruracsa, Diptacsa, Vacranasa e Pracaracarna. Egli adunque interrogò Ractacsa per il primo: Poichè il consigliere del nostro nemico è venuto in poter nostro, cosa dobbiam fare? — Ractacsa rispose: O signore, a che si dubita per ciò? Si uccida senza remissione. Perchè:


Nemico diserto
S’uccida d’un tratto
Perchè non ritorni
Più forte rifatto.


Sua forza guerriera
S’ei ripiglierà,
Difficile a vincersi
Più e più si farà.


E che? «La fortuna, quando viene da sè e altri la trascura, maledice». Tale il proverbio che va tra la gente. Ed è stato detto:


Ad uom che occasion cerca opportuna,
Occasïon tocca una sola volta.

Da quei che in buon momento oprai desia,
A stento ancor l’occasione è colta.


E s’ode anche a dire:


Vedi il rogo che fiammeggia,
Ve’ la cresta mia ch’è infranta!


Amicizia che fu rotta,
Per favor più non s’impianta.


Arimardana disse: Che vuol dir ciò? — Ractacsa allora incominciò a raccontare:

Racconto. — Eravi già in un certo paese un Bramino di nome Haridatta, al quale, attendendo egli all’agricoltura, ogni stagione riusciva senza frutto. Un giorno, tormentato dal calore, per riposare nell’ora del maggior caldo, si sdraiò in mezzo al suo campo all’ombra di un albero. Allora, vedendo non di lontano uno spaventoso serpente che sollevava una gran cresta e che si stendeva presso un formicaio, incominciò a pensare: Ecco che cotesta Deità del campo non fu mai onorata da me, e però il lavoro mio dei campi mi riesce senza fruito. Ma io oggi le renderò il debito onore. — Così avendo divisato, procacciatosi da certi luoghi del latte e versaiolo in una scodella, venendo là presso a quel formicaio, cominciò a gridate. O divino protettor del campo, io non ho mai stipulo, in tanto tempo, che tu abitavi qui. Intanto, io non ti ho reso il debito onore. Ora però tu mi perdona! — Come ebbe detto così e offerto il latte, si mosse per ritornare a casa. Alla mattina, quando stava per ritornare, guardò, ed ecco ch’egli vide nel piatto una moneta d’oro. D’allora in poi, tutti i giorni, egli là si recava da solo e offriva il latte e ne riceveva sempre una moneta d’oro. Ma un giorno, comandato a un suo figliuolo di recare il latte al formicaio, il Bramino se n’andò al villaggio. Il fanciullo, quand’ebbe recato il latte e l’ebbe collocato al suo luogo, ritornò a casa; e poi, l’altro giorno,