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libro terzo 153

Se il nemico s’allontana,
Questa è prima sua sventura;
Se ricorre a protettori,


È seconda sua iattura,
E soccombere egli de’
Ai satelliti del re1. —


Così dicendo egli si fermò là sotto l’albero di fico circondandolo co’ suoi da tutte le parti. Ma perchè nessun corvo si faceva vedere, Arimardana, tutto contento, salito sulla cima di un ramo, celebrato dai bardi regi, così gridò ai suoi soldati: Scoprasi ora dove sono iti i nemici! veggasi per qual via son fuggiti i corvi. Che se essi non si sono ancor riparati in qualche fortezza, io, venendo loro alle spalle, tutti li sterminerò. Perchè è stato detto:


Pur che dietro a una siepe di pruni
Si difenda, invincibil sarà

Quel nemico per tal che desio
Dentro al core di vincerlo avrà;


Quanto più se ad un loco, fornito
D’ogni cosa che all’uopo verrà,
Ei sarà, loco forte, salito! —


Stiragivin intanto, in quello stato suo, così andava pensando: Questi nemici nostri che non anche son bene informati di ciò che io intendo di fare, come sono andati, così ritorneranno. Io intanto non ho da far nulla. Perchè è stato detto:


Non intraprender tosto opra da fare,
Gli è il primo segno della sapïenza;

L’opra intrapresa al termine guidare,
Secondo segno della sapïenza.


Perciò è assai meglio il non far nulla che riuscir male nell’impresa. Io però mandando loro una voce, mi farò conoscere. — Così avendo divisato, fece un gemito lento lento. Udendolo, tutti quei gufi si mossero per ammazzarlo, ma egli disse: Eh! io sono Stiragivin, il ministro di Megavarna, ridotto da lui in questa condizione. Ora voi fate sapere al vostro re che io ho molte cose da dirgli. — Avvisato da loro, il re dei gufi, pieno di meraviglia, venutogli presso all’istante, gli domandò: Oh! oh! come mai sei tu venuto in questo stato? Parla! — Stiragivin rispose: O signore, si ascolti l’origine di questo stato mio! Nei passati giorni, quel malvagio di Megavarna, divorato dall’ira e dal dolore contro di voi per la sventura dei molti corvi da voi uccisi, già s’era mosso per farvi la guerra. Allora io gli dissi: O signore non ti si convien punto far ciò. Quelli son forti e noi siam deboli. Ora è stato detto:


Con colui ch’è più potente,
Mai non pensi a contrastar
Chi più debole si sente
Se i suoi dì vuol conservar.


Non si abbatte chi è più forte,
Ed è chiaro che sen va,
Chi l’assale, a certa morte,
Qual volante insetto fa2.


All’opposto, vuolsi far la pace anche con presentazione di doni. Perchè è stato detto:


Come vegga un nemico possente,
Tutto il suo dona l’uom ch’è prudente;

Il donando, egli salva sua vita,
E ricchezza maggior s’è acquisita. —

  1. Del re nemico.
  2. Cioè come la farfalla che si abbrucia nella fiammella del lume.