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libro secondo 133

Opportuna cosa tace
Che buon frutto dar potrìa,
Sempre sempre tuo nemico
Reputato da te sia.
Perciò da noi,
Iti in disparte,


Si farà, o prence,
Consiglio, ed arte
V’adopreremo,
Sì che lo scopo,
Nell’eseguirlo,
Raggiungeremo. —


Allora Megavarna incominciò a interrogare uno ad uno i suoi cinque ministri che egli aveva ereditati da suo padre e che si chiamavano Uggivin, Sangivin, Anugivin, Pragivin, Ciragivin. Egli adunque interrogò Uggivin per il primo, dicendo: Amico, in questa nostra condizione, che si pensa da te? — Disse l’altro: O re, con un potente non si deve far guerra; ora, colui è potente e sa cogliere a tempo. Intanto è stato detto:


Da chi sa piegarsi
Dinanzi ai potenti
E a tempo menare
Le mani valenti,
Non va mai lontana


La sorte più lieta;
Così la fiumana
Che sempre va in giù,
Non torna più in su.

E poi:


Tu quel nemico
Ch’è onesto e pio,
Che ha gran valore,
Che in molti assalti
Fu vincitore
E di fratelli
Ha una gran schiera,
Eviterai,


Seco la pace
Anche farai.
Anche con uomo ignobile
La pace tu farai

Allor quando in pericolo
Di vita ti vedrai,
Chè ogni cosa si salva
Quando la vita è salva.


In ogni modo, con chi è stato vincitore in molte battaglie, si deve far la pace. Perchè è stato detto:


A chi alleanza fa col vincitore
Di più battaglie, cedono i nemici
Subito di costui per il valore.
Pace si faccia
Con chi ci uguaglia1;
Dubbia è vittoria
Nella battaglia.
Cosa ch’è dubbia,
Tu non farai,
Disse Brihàspati,
Mai e poi mai.
Di genti che combattono
E la vittoria incerta.


Se i tre modi non giovano2,
La pugna sia conserta.
Un testardo che a patti non discende,
Ove urti forte in altri che gli è uguale,

Di sè e dell’altro alla rovina intende.
Come, urtando in un’altra, urna non

[cotta3.

La battaglia dell’uom debole
Con nemico ch’è più forte,
Di colui menò alla morte,
Mentre incolume restò
Il possente, come pietra
Che una pentola spaccò.

  1. Con chi ci è uguale in forza.
  2. Gli altri modi di trattar col nemico.
  3. Pentola di terra, non cotta al fuoco.