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LIBRO TERZO.
Ora s’incomincia il terzo libro che è detto dei corvi e dei gufi e del quale i primi versi sono i seguenti:
Non ti fidar. Nel fuoco acceso, mira!
Da’ corvi, pien di gufi arde lo speco!
Così adunque s’ode raccontare. C’era una volta nella regione meridionale una città di nome Mihilaropia, presso alla quale era anche un albero di fico molto ramoso, coperto di densissime fronde, laddove cinto da ampio corteggio di corvi, abitava il re dei corvi di nome Megavarna. Fattami abitazione acconcia, egli passava là il suo tempo con tutta la sua gente. Intanto il re dei gufi, detto Arimardana, ritrattosi, con un infinito corteggio di gufi, ad uno speco del monte, là si stava ad abitare. Costui, venendo sempre di notte, si aggirava da tutte pari, attorno a quell albero di fico e in forza dell’antica inimicizia, qualunque corvo poteva prendere, quello uccideva e poi se n’andava, onde, per quel suo continuo venire, a poco a poco il soggiorno dell’albero di fico per lui crasi fatto vuoto di corvi. Così appunto vanno le cose del mondo. Perchè si dice:
E poi:
Anche di corpo se valente ei sia,
Ai colpi avversi dee poi soggiacere.
Ma un giorno, il re dei corvi convocò tutti i suoi ministri, e disse: Poichè cotesto nemico riottoso e intraprendente, per voler del destino, viene qui di notte e fa strage di noi, quale vi può essere difesa? E perchè noi non ci vediamo di notte nè di giorno possiam vedere dove sia la sua tana perchè andandovi lo potessimo combattere, quale espediente dovrà adoprarsi per il meglio, la pace, la guerra, l’andar via, raccostargli, il convenire insieme il non accordarsi? Meditando tutto cotesto, ditemi voi sollecitamente vostro avviso. — Quelli allora dissero: Ciò che ha detto nostro signore, avendoci fatto questa domanda, è stato ben detto. Ora, si dice: