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126 | novelle indiane di visnusarma |
parlò molto a proposito per il tempo e per il luogo: O Lagupatanaca, dal modo con cui si mostra cotesta gazzella, soffiando forte, avendo occhi spaventati, guardandosi dietro, s’intende che essa non è arsa dalla sete, ma sì che è spaventata dai cacciatori. Perciò veggasi se le vengon dietro, o non vengono, i cacciatori. Ora, è stato detto:
Udendo cotesto, Citranga disse: O Mantaraca, tu hai ben riconosciuto la cagione del mio spavento! Io, sfuggita ai colpi delle saette dei cacciatori, a gran stento son qui venuta. La mia schiera intanto sarà stata tutta uccisa dai cacciatori. Mostrami tu, poichè son io venuta alla tua protezione, alcun luogo che sia inaccessibile a quei scellerati. — Ciò udendo, Mantaraca disse: Si ascolti, o Citranga, la regola del ben vivere. Perchè è stato detto:
Perciò, vadasi prestamente nella selva più densa acciocchè, almeno per oggi, non ci raggiungano quegli scellerati di cacciatori. Intanto, Lagupatanaca, sopravvenendo in gran fretta, gridò: O Mantaraca, i cacciatori, portando con sè molta carne di selvaggina, sono andati a casa; e tu, o Citranga, esci senza sospetto dallo stagno. — Così questi quattro, fatta insieme amicizia, presso lo stagno, al tempo del mezzogiorno godendo del raccontarsi delle storielle sotto l’ombra di un albero, passavano allegramente il tempo. Intanto, giustamente si suol dire:
E poi:
Ma un giorno, al tempo del radunarsi, Citranga non venne. Allora i tre, turbati dell’animo, così incominciarono a parlar fra loro: Oh! come mai quest’oggi non è venuta l’amica? Forse che è stata uccisa da un leone o da qualche altro animale? O forse anche da cacciatori? O forse è capitata nell’incendio di qualche selva? O forse in qualche aspro burrone trattavi dalla voglia dell’erba tenera e nuova? — Intanto, giustamente si suol dire: