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122 novelle indiane di visnusarma

Perciò un uomo di valore deve esser sempre in gran faccende. Perchè è stato detto:


Dove un’opra s’incominci
Con vigore ed energia
E si lasci ogni pigrizia
E prudenza aggiunta sia
A coraggio ed a virtù,
La più bella e lieta sorte
Via di là non parte più.
D’esser sollecito


Nessun dimentichi,
La colpa dandone
Al destin fatuo,
Chè non si possono
Da gran di sesami
Olii giù spremere
Senza che adoprisi
Cura sollecita.


Ancora:


La gente stolida
Che il core acqueta
Per poco assai
Nè tocca mai
Fortuna lieta,


Anche di quella
Felicità
Che le fu data,
Orba sen va.


Per quello poi che vai dicendo: Cadranno o non cadranno? —, anche cotesto non è bene a proposito. Perchè è stato detto:


Lodasi tal che ha fermo il suo proposito,
Ed esaltasi quei ch’è di gran mente;

Indra a un povero auge! ch’è detto il Cià-

Stille reca di pioggia, compiacente1.

[taca,


Del resto, io ormai ho in gran fastidio la carne di topo. Quei due pezzi di carne mostrano che son vicini a cadere. Perciò tu devi in tutto far così e non diversamente. — Lo sciacallo allora, avendo inteso cotesto, abbandonando il luogo dove soleva cacciare i topi, andò dietro a Tixnavrisana. Ora, egregiamente si suol dire:

Di tutte l’opre sue vero padrone
È l’uom quaggiù, finchè non lo governa
Del parlar delle donne il pungiglione.


E poi:


Crede lecito l’illecito,
Accessibil l’inaccesso,
Quello crede sia mangiabile


Che mangiar non è concesso,
Delle donne al cicalar
Chi si lascia abbindolar.


Così adunque, mentre egli con la sua femmina andava dietro al loro, vide passar molto tempo, nè quei due lembi di carne caddero mai. Al quindicesimo anno, lo sciacallo, pieno di stizza, così disse alla femmina:


Se cadono o non cadono,
Se duri sono o flaccidi,


Intanto ch’io guardavali,
Anni passaron quindici.


Nè cadranno mai in avvenire. Ritorniamo adunque al passaggio dei topi! — Perciò io dico:


Se cadono o non cadono,
Se duri sono o flaccidi,


Intanto ch’io guardavali,
Anni passaron quindici.

  1. Si dice dagl’indiani che l’uccello Ciataca (una specie di cuculo) si cibi soltanto di stille di pioggia e che il re degli Dei, Indra, gliele appresti, appunto perchè egli non riceve altro cibo.