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120 | novelle indiane di visnusarma |
E ancora:
Perciò mi è forza andare in paese straniero. — Così avendo divisato, se ne venne alla città di Vardamana. Dimoratovi per tre anni e fattovi un guadagno di trecento monete d’oro, pensò di ritornare a casa; ma a metà del viaggio, andando egli per una foresta, ecco che il sole venne a tramontare. Intanto, mentre per timore delle bestie feroci era montato sui rami d’un grosso albero di fico e già s’addormentava, egli udì nel sonno e nella notte due uomini di spaventoso aspetto che parlavano fra loro. E uno di essi diceva: O Facitore, tu sai bene che cotesto Somilaca non deve avere altra fortuna oltre quella delle vesti e del mantenimento. Perciò tu non dovevi dargli nulla. Perchè dunque gli hai dato trecento monete d’oro? — L’altro disse: O Destino, io devo dar per forza ai diligenti un premio conforme alla loro diligenza. Ciò che poi ne deve provenire, tutto dipende da te, e tu gliele puoi togliere. — Il tessitore che aveva udito tutto questo, si destò, guardò nel sacchetto delle monete d’oro e lo trovò vuoto. Allora, come rimproverandosi, pensò: Oh! che è mai ciò? Dov’è andata la ricchezza mia procacciata con tanta fatica? Tutto questo mio stento è stato inutile. Come potrò io mostrar la faccia a mia moglie e ai miei amici? — Così avendo pensato, ritornò alla città di Vardamana. Là, come ebbe, nello spazio di un anno, fatto il guadagno di cinquecento monete d’oro, di nuovo s’incamminò per ritornare al suo paese. Quando egli giunse a metà del viaggio, trovatosi di nuovo in mezzo alla foresta, il beato sole venne a tramontare. Ma egli, benchè molto stanco, per timore di perdere le monete d’oro non volle riposarsi, anzi velocemente camminava preso dal desiderio della sua casa. Allora egli udì due uomini di tristo aspetto, simili a quei di prima, che gli camminavano alle spalle e parlavano fra loro. E uno d’essi diceva: O Facitore, perchè mai hai tu dato a cotesto Somilaca cinquecento monete d’oro? E non sai tu ch’egli non può aver nulla oltre le vesti e il mantenimento? — E l’altro diceva: O Destino, per forza io devo dare agli uomini laboriosi. Ma ciò che ne deve provenire, dipende da te. Perchè dunque mi fai questo rimprovero? — Avendo udito ciò, Somilaca guardò nel sacchetto, ed ecco che le monete d’oro non c’erano più. Perchè egli, molto addolorato e gridando: Aimè! son rovinato! — venuto in disperazione grande, così si pose a pensare: A che devo vivere io, derubato come sono d’ogni mio avere? Ora io mi toglierò la vita appiccandomi a quest’albero di fico. — Così avendo divisato, fattasi una corda con certe erbe e fattone un laccio al collo, montò sopra uno dei rami. Ma, intanto che egli s’appendeva a quella per il collo nell’atto di uccidersi, ecco che un uomo, che stava nell’aria, così gli disse: Oh! oh! Somilaca, non fare questa violenza! Io son colui che t’ha rubato i denari, nè io posso conce-