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libro secondo 115

io possa stare insieme con quel giovane. — Udendo cotesto, l’ancella, venuta in gran fretta dal giovane, così gli parlò: Io son stata mandata a te da Ciandravati. Essa così ti fa dire: «Amore, con la tua vista, mi ha ridotta all’estremo. Però, se tu non vieni presto da me, io oggi morirò». — Udendo ciò, egli rispose: Se di necessità io debbo venirvi, dimmi tu con quale espediente si può entrare. — Disse allora l’ancella: Questa notte tu salirai per una robusta fune che sarà appesa alla parte più remota del palazzo. — E quegli disse: Poichè tale è il tuo divisamente, così farò. — Così avendo pattuito, l’ancella ritornò presso Ciandravati. Ma, venuta la notte, il principe andava pensando fra sé: Questa è una cosa molto illecita! Perchè è stato detto:


Quei che va dalla figlia del maestro,
Dalla donna del servo o del signore,

Dalla mogliera dell’amico suo,
Detto è quaggiù di Bramini uccisore1.


Ancora:


Opra che tristo nome ci procaccia,
Opra che ci conduce giù all’inferno,

Opra ch’esclude dal ciel sempiterno,
Opra cotal, l’uomo quaggiù non faccia. —


Quand’ebbe così pensato fra sè, egli non andò presso la principessa. Intanto, Ciò-che-toccar-dovea, nell’andar di qua e di là, avendo veduto una fune che pendeva, essendo di notte, dal piano bianco di una casa2, col cuore pieno di desiderio salì arrampicandosi. La principessa, dicendo: È lui! — tutta lieta l’onorò di lavanda, di cibo, di bevanda, di vesti e d’altro; anzi, incamminatasi con lui al letto, mentre al contatto delle membra le si arricciavano i peli per la gioia, così gli andava dicendo: O caro, al solo vederti io mi sono innamorata di te e a te mi sono data. Nessun altro fuor di te, nemmeno col pensiero, sarà marito mio. Ma perchè non mi dici nulla? — Egli allora disse: Ciò che toccar dovea, incoglie all’uom quaggiù. — A quelle parole, la principessa pensando: Oh! non è lui! — fattolo discendere dal piano bianco della casa, lo fece andar via, ed egli, venute in un tempio diroccato, si pose giù per dormire. Là dentro essendo pur capitata una guardia di città che vi aveva un appuntamento con una ragazza, la guardia vide subito colui che già vi era addormentato, e però, per amor del segreto, gli disse: Chi sei tu? — L’altro rispose: Ciò che toccar dovea, incoglie all’uom quaggiù. — Udendo cotesto, la guardia di città disse: Questo tempio è abbandonato. Però tu va in casa mia e dormi nel mio letto. — L’altro, acconsentendo, benchè malvolentieri, andò a coricarsi nel letto altrui. Ma in quel letto stava pur coricata la figlia maggiore della guardia di città, di nome Vinayavati, bella e giovane, che, innamorata di un uomo, là appunto si stava ad aspettarlo. Essa, vedendo venir colui, dicendo fra sè: Ecco qui il nostro amante! — levatasi su che era di notte e non potendo nulla vedere per l’oscurità, fattagli accoglienza

  1. Cioè reputato come reo del maggior delitto, quello di avere ucciso un Bramino.
  2. La parte superiore delle case indiane dipinta di bianco.