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libro secondo | 113 |
Che s’asciugò, abbandona il littorano1.
Un avvizzito fior lasciano l’api,
Lascian gli augelli un bosco incenerito;
Le cortigiane un uom che impoveria,
Abbandonano tosto, e un decaduto
Prence i ministri. Oh! veramente bada
Al suo vantaggio ognuno, e tal che sia
Vero amico di tal, non si rinviene! —
Mentre io così andava pensando, ecco che i miei servitori erano passati al servizio dei miei nemici. Vedendomi solo e impoverito, mi andavano schernendo; ma a me, standomi solo e tra la veglia e il sonno, sopravvenne una altro pensiero: Io, questa notte, andrò alla cella di cotesto falso penitente, e, come adagio adagio avrò rosicchiato il sacchetto dei denari di cui, ora, s’è fatto un guanciale, mentre egli sarà immerso nel sonno, tirerò alla mia tana il mio denaro perchè poi, con la sua potenza, io ritorni a regnare come prima: Ora, è stato detto:
Di cento voglie che non si soddisfano.
Se, tuttavia, mentre io tento di ripigliarmi il mio avere, mi toccherà di morire, anche questa sarà cosa onorevole. Perchè è stato detto:
L’acqua lustral ch’egli offre, i padri suoi
Non hanno per gradita4.
- ↑ L’augello littorano.
- ↑ Credono gl’Indiani che sia cosa di malaugurio lo star dietro ad un letto.
- ↑ La creta che s’adopera per pulire e lavare vasi e suppellettili.
- ↑ L’acqua lustrale che si offre dalle persone pie alle anime degli antenati.
Pizzi, Novelle Indiane di Visnusarma. — 8. |