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LIBRO PRIMO.


Ora s’incomincia il primo libro detto della scissione degli amici, e i suoi primi versi sono questi:


     L’amor grande e crescerne del leone

E del toro, abitanti alla foresta.

Per lo sciacallo andò a perdizione,
Fiera ingorda soverchio e disonesta.


Intanto così s’ode raccontare: Vi è nella regione meridionale una città di nome Mihiralopia. Là era già il figlio di un mercante, detto Vardamanaca, che s’era acquistato l’avere con giustizia. Una certa notte, mentre egli giaceva in letto, gli sorvenne questo pensiero, cioè quali mezzi, anche essendo abbondante l’avere, doveva pensarsi e adoperare per acquistar ricchezza; inquantochè è stato detto:


     Nulla si sa quaggiù che col danaro
Far non si possa, e l’uom che ha fior di

[senno,

Ricchezza acquista ov’ei si studi al paro.

     Amici ha chi ha ricchezze, ed ha parenti
Chi è ricco, e un nomo egli è quaggiù nel

[mondo;

Vive davver chi ha assai possedimenti.

     Non è scïenza e non è studio bello,
Non maestria, non arte e non dovizia,
Che ne’ ricchi non lodi il poverello.
     Quaggiù, nel mondo, è dei ricchi parente
Anche l’estrano, ma stranier si mostra
A’ poveri il congiunto, immantinente.
     Da ricchezze cresciute e accumulate
Da tutte parti vengon tutte cose,

Come da’ monti l’acque derivate.

     Si rende a chi non merita, onoranza;
Chi n’è indegno, si cerca e si saluta;
Questa delle ricchezze è la possanza.
     Come pel cibo i sensi, hanno vigore
Per la ricchezza l’opre tutte. Intanto
Ella è pur detta universal motore.
     L’avido di ricchezze, ancor vivente,
Affronta i cimiteri e va lontano.
Lasciando il padre suo s’egli è indigente.
     Detta è del trafficar l’arte lucrosa
Di tutte la miglior per far denari;
Ogn’altra per natura è dubïosa.
     Gli uomini di cui già passaron gli anni,
Giovani son pur che abbiano ricchezza;
Ma sempre è vecchio tal che ne va privo,
Anche se nel bel fior di giovinezza.


Ora l’avere degli uomini si procaccia in sei maniere, col mendicare, col servire il principe, con l’agricoltura, col guadagno per mezzo del sapere, con l’usura, col trafficare. Ma il guadagno che si fa col commercio, deve essere superiore a tutti gli altri mezzi, poichè è stato detto:


     La questua si suol far dai mendicanti,
E dona il re non quel che dovrìa dare1;
L’agricoltura è faticosa, e ingrato

Lo studio è ancor per quella sua natura

Di grave disciplina, e dall’usura
Nasce la povertà, poi che l’avere [mercio
Passato è in mano altrui. Fuor del com-
Altro io non penso che vi sia guadagno.

  1. Cioè dà meno di quel che dovrebbe dare.