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106 novelle indiane di visnusarma

«Vieni! t’accosta! siedi! ecco la sedia!
Perchè ti fai veder tanto di rado?

Che notizie? Oh! davver sei tu malato?
E la salute come va? Son io
Ben lieto del vederti!». Ecco, di quelli


Amici che favellano in tal guisa,
Con tal rispetto, agli ospiti mo’ giunti.
Da ogni timor con libera la mente
Sempre alle case appresentar ti puoi.


E poi:


Quei che va di tale in casa
Che, al veder l’ospite suo
Guarda abbasso o guarda altrove,


Oh! davver ch’è come un bove
Che le corna sua perdè!


Ovvero:


Dove in piè nessun si leva,
Dove affabil non si parla,
Dove nulla si favella


Nè di vizi nè di colpe,
Nessun vada in quella casa.


E tu ti sei inorgoglito per aver ottenuto questo romitaggio e ti sei dimenticato dell’affetto che devi agli amici, e non sai che col pretesto di abitare un romitaggio si può guadagnare l’inferno. Perchè è stato detto:


Se hai tu desio d’andartene all’inferno,
Di prete cappellano ufficio assumi

Almeno per un anno. Oh! che altro mai?
Reggi sol per tre giorni un oratorio!


Perciò tu, o sciocco, sei da compiangere che ti sei inorgoglito per la tua ricchezza. — Udendo colesto, Tamraciuda, con la mente tutta turbata da timore, gli rispose: O reverendo, non dir così! Io non ho in alcun luogo amico eguale a te; però ascolta la cagione perchè io ho trascutato la tua compagnia. Un topo scellerato si caccia, saltando, nella sporta delle elemosine benchè sospesa in un luogo alto, e si divora tutto quello che c’è di pietanze raccolte. Mancandomi quelle pietanze, io non posso più far spazzare l’oratorio del dio. Io però, per spaventare il topo, di tanto in tanto vo picchiando con questa canna sulla sporta delle elemosine. Altra cagione non v’è. Ma tu vedi intanto l’ardire di quello scellerato il quale co’ suoi salti superai gatti, le scinde e qualunque altro animale. — Vrihatsfigi disse: Si sa in qual parte si trova la sua tana? — Tamraciuda disse, reverendo, io non lo so. - E l’altro disse: Certamente essa si trova sopra qualche tesoro, e il topo, per l’ardore che manda il tesoro, spicca i suoi salti. Perchè è stato detto:


Ardor che viene da tesori ascosi,

Forza e vigore ad ogni corpo dà;


Anche più se lo spenderne e il goderne
All’opre nostre s’accompagnerà.


E poi:


Una ragion dev’esserci
Perchè la vecchia Sàndili


I sesami sgusciati
Venda pei non sgusciati. —

Tamraciuda disse: Come ciò? — E l’altro disse:

Racconto. — In un certo paese vi è una città molto devota detta. Sangiatara laddove io una volta, nella stagione delle piogge, stanco dell’imperversar delle nuvole piovose, accostatomi all’abitazione di un certo Bramino, gli domandai una piccola stanzetta per me, e dove io, esaudito