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102 | novelle indiane di visnusarma |
Hiraniaca procacciava per Lagupatanaca scelti granelli di riso e altre cose elette da mangiare, e tutto cotesto andava assai bene per ambedue. Ora è stato detto:
E poi:
Nemmen gli Dei, senza copiosi doni,
Lor grazie a dispensar son molto presti.
Ancora:
Pel suo poter, dall’odio in un momento
All’amicizia passa un uom riottoso.
E poi:
Chè il latte ad ogni stolto e scimunito
(Alla giovenca che ha il vitel, tu guarda)
Sempre sempre ed intero hanno fornito.
Ma a che tante parole?
Anzi, il topo, presto ai servigi del corvo, tanto si fidò di lui che, andandosi a cacciare sotto le ali di lui, stavasi continuamente a godere del piacere dello stare insieme. Ma poi, un giorno, il corvo sopravvenendo con gli occhi pieni di lagrime, con voce tremante così parlò al topo: O Hiraniaca, io mi sono disinnamorato di questo paese e voglio andarmene altrove. — Hiraniaca disse: Amico, quale è mai la cagione del tuo disinnamorarti? — E l’altro disse: Ascolta, o caro. In questo paese, per la grande siccità, è venuta la carestia, e per tale carestia la gente, afflitta dalla fame, non fa più nemmeno la più piccola offerta2. Con ciò, di casa in casa, dalla gente affamata son stati posti certi lacciuoli per prendere gli uccelli. Io, perchè era destinato che dovessi vivere ancora, preso ad un lacciuolo, ho potuto liberarmene. Questa è la cagione dell’aver perduto l’affetto per questo paese. — Hiraniaca disse: E dove andrai ora? — L’altro disse: Nella regione meridionale, in mezzo a una selva profonda, è un ampio stagno. Là è pure una testuggine di nome Mantaraca molto mia amica, anzi in grado maggiore di te. Essa mi darà da mangiare pezzetti di carne di pesci. Con tal provvigione, col piacere di stare insieme a